di Francesca Radaelli
Una serata alla scoperta della finanza etica e di un modo diverso di considerare l’economia. Il quarto appuntamento del ciclo di incontri dedicato alla Laudato Si di Papa Francesco, e promosso da Caritas Monza, ha visto confrontarsi due rappresentanti del mondo dell’economia solidale.
Da una parte, Paolo Cominini di Banca Etica, dall’altra Sergio Venezia del DesBri, Distretto di Economia Solidale della Brianza.
“Spesso le attività caritative si fanno con il parere dei ricchi e i soldi dei poveri”, ha ricordato don Augusto Panzeri della Caritas di Monza, introducendo come di consueto l’incontro e rievocando la partecipazione, 21 anni fa, della Caritas alla fondazione di Banca Etica.
“Perchè papa Francesco tuona contro la finanza speculativa ‘che arricchisce i ricchi e impoverisce i poveri, crea ingiustizie e disuguaglianze?’”: la domanda posta in apertura da Fabrizio Annaro, moderatore della serata, ha indicato da subito la prospettiva da cui guardare verso il tentativo di costruire un’economia migliore. Un tentativo portato avanti da Banca Etica su grande scala, e dai progetti del DesBri su una scala più ‘locale’.
Finanza etica
Ma che cos’è precisamente la finanza etica?
“Banca Etica è solo una delle esperienze di finanza etica”, spiega Paolo Cominini. “La finanza è parte dell’economia, quella che utilizza il denaro e lo mette a disposizione perché produca dei benefici. Se i benefici sono per le persone la sfumatura è etica. La nostra cultura ha sempre previsto la possibilità di accantonare risorse per le esigenze future. La finanza etica vuole curare anche un’altra dimensione. Il risparmio accumulato e affidato a certe istituzioni genera qualcosa”.
Obiettivo delle istituzioni finanziarie è ottenere il massimo rendimento possibile dal risparmio investito, salvarlo dall’erosione dell’inflazione, arrivando a utilizzare il denaro per produrre altro denaro senza curarsi delle ricadute di quella massimizzazione del profitto. E provocando eventi catastrofici come la crisi finanziaria del 2008.
Banca Etica
“Tutto cambia però quando il risparmiatore non vuole che con i suoi risparmi vengano finanziate determinate attività, per esempio le industrie di armi”, continua Cominini, raccontando della nascita di Banca Etica. Alla fine degli anni Ottanta un movimento legato al commercio solidale inizia a ragionare sul risparmio etico. Nascono le Mutue Autogestioni (MAG) in cui i risparmi vanno a finanziare delle piccole realtà locali. I prestiti devono essere restituiti, ma la valutazione della capacità di rimborso del prestito non tiene conto solo degli elementi economici, ma anche del tipo di attività dell’impresa.
Quindi prende forma il sogno di provare a creare una banca vera e propria. Un percorso durato anni che culmina nel 1999 quando Banca Etica apre come banca operativa al 100%: inizialmente è una realtà piccola, con sede a Padova, che si propone come banca di secondo livello a clienti che vogliono investire una parte del loro risparmio per finanziare realtà che producono benessere sociale e ambientale, pubblicando con trasparenza le attività finanziate.
Inizialmente non si proponeva come l’unica banca del cliente e finanziava realtà del mondo no profit, che palesemente non avevano come obiettivo la produzione di un utile.
“Oggi i nostri soci credono sempre più in Banca Etica. È rimasta una banca cooperativa e conta 47mila soci in Italia e Spagna. In Italia siamo a quota 120mila clienti. Anno per anno si aggiungono nuovi bisogni a cui rispondere”. Non senza qualche difficoltà, a partire dall’operatività a distanza, necessaria a causa delle normative inasprite negli ultimi anni che rendono faticoso aprire nuove filiali. “A un certo punto iniziamo a essere avvicinati da imprese che non sono cooperative o associazioni ma realtà profit e chiedono di accedere ai finanziamenti di Banca Etica. Abbiamo così scelto di aprire alla ‘nuova economia,’ dotandoci però di strumenti certi per valutarla. Oggi banca etica può finanziare anche realtà profit, che si devono però sottoporre a una valutazione sociale e ambientale, che riguarda non solo i bilanci ma le condizioni dei lavoratori, la scelta dei fornitori, la scelta dei clienti, l’impatto ambientale”.
Banche etiche?
Difficile però tracciare confini precisi di cosa è etica e cosa non lo è.
“Molte banche oggi propongono prodotti ‘etici’, legati ad attività di beneficenza. Ciò che intendiamo parlando di Banca Etica è però diverso: tutto il risparmio deve essere utilizzato in modo etico”, precisa Cominini. “La Comunità europea ha emanato linee guida per la finanza sostenibile, ma la finanza sostenibile non è sovrapponibile alla finanza etica come la intendiamo noi. Non implica radicalità nelle scelte, ma solo la prevalenza di alcune attività sostenibili, accanto però per esempio al finanziamento delle energie fossili”. Sicuramente però, forse anche grazie a esperienze come quelle di Banca Etica, si sta aprendo un varco di riflessione più ampia su questi temi.
Economia solidale e moneta comunitaria
Di economia solidale parla invece Sergio Venezia, partendo da una definizione semplice ma densa: “Un’economia che si basa sul capitale delle relazioni”. Un’economia che non punta ai soldi ma alle relazioni. “Nel secolo scorso abbiamo sognato di avere la ‘banca di vetro’, dove si vede in che modo vengono utilizzati i soldi. E dopo la nascita di Banca Etica, nel mondo bancario si inizia a sentire parlare di fondi ‘etici’, conto ‘etico’.
L’economia solidale però non ha smesso di sognare. E allora Sergio Venezia racconta dell’idea delle monete complementari, come Mi Fido Di Noi in Brianza, una moneta che serve per scambiare beni e servizi, lanciata anche nelle partite iva e nei negozi.
“Di solito la moneta è a debito, ci sono interessi sul prestito. Nella moneta comunitaria invece quando si entra la moneta è a credito: diamo 100 fidi sul conto, l’esatto contrario. L’obiettivo non è più accumulare, ma far circolare il denaro”.
Il messaggio è dirompente: trovare un’alternativa alle logiche del capitalismo. “Il ragionamento è quello di superare la proprietà, di superare un’economia che non ci permette di essere ‘fratelli tutti’ come vorrebbe papa Francesco”.
Idee, proposte e provocazioni
Nel corso della serata sono molte le proposte che vengono gettate sul tavolo, anche in forma di provocazioni. Dalle forme ancora più ardite di credito già sperimentate dalle Mutue Autogestioni, che hanno prestato denaro a soggetti che non sono ‘bancabili’. Fino alla lezione del sistema di micro credito sperimentato in Bangladesh in cui i prestiti vengono dati a persone in situazioni di bisogno, mobilitando un’intera comunità.
Proposte che non sempre è semplice realizzare. “Quando è nata Banca Etica abbiamo dovuto sottoporci al controllo a cui le banche devono sottostare, con l’obiettivo di tutelare il risparmio. Questo impedisce a Banca Etica di essere flessibile come vorrebbe, ma consente di fare cose che altre realtà più piccole non riescono a fare. Per esempio la gestione di circa 2 miliardi e mezzo di risparmio che corrispondono a 1,7 miliardi di prestiti utilizzati”, spiega Cominini.
“Continuare a sognare sui territori è importante: sperimentare, far nascere idee che poi possano arrivare su una scala più grande. Dovremmo dialogare maggiormente ed essere complementari tra noi”.
Costruire un’alternativa
Come si crea un’economia solidale? La risposta arriva attraverso le esperienze raccontate da Sergio Venezia, a partire dalla nascita, nel 1998 a Villasanta, del primo gruppo di acquisto in Brianza. “Il primo ‘patto’ lo abbiamo fatto con un produttore di pesche dell’Emilia Romagna. Al momento di accordarci sul prezzo, non ci siamo basati sul ‘mercato’ e sull’andamento dei prezzi, ma sul costo effettivo del lavoro di produzione. Questa è l’idea di economia ‘altra’ che portiamo avanti: costruire insieme la trasparenza dei costi, basarci su un prezzo equo”.
Magari introducendo conti più trasparenti anche in banca, superando costi e interessi variabili: questa più una provocazione, forse, che una proposta per Banca Etica. Sicuramente un tentativo di continuare pensare la finanza in modo diverso.
“Ciò che scandalizza il papa è il denaro che guadagna denaro e allarga le diseguaglianze tra ricchi e poveri”, dice Sergio Venezia.
Costruire un sistema di welfare con i ricavi della finanza era la proposta della Tobin Tax della ONG austriaca Attac. “Non ci siamo riusciti. Ma lo scandalo del denaro che guadagna denaro rimane.”
Un’altra idea prende le mosse dal Piano individuale di risparmio (PIR) emanato dal Governo, che avrebbe dovuto sostenere le piccole aziende non quotate in borsa, che rappresentano il 90% circa delle aziende italiane. Un piano che può essere attivato solo da famiglie, non da speculatori, senza tasse sugli interessi. “L’idea è coinvolgere i produttori che lavorano con noi. A diversi di loro abbiamo proposto di aderire al bilancio del bene comune. L’idea è mettere intorno a un tavolo i nostri fornitori che hanno accettato un bilancio del bene comune, Banca Etica e Etica SGR, che potrebbe elaborare dei PIR da proporre alle famiglie di Banca Etica”.
L’idea è semplice e rivoluzionaria: fare sistema per sottrarsi alle leggi del mercato.
Spesso però il problema più urgente è proprio rimanere sul mercato, sottolinea Cominini, soprattutto perché spesso gli stessi enti del terzo settore preferiscono rivolgersi ad altre banche per prestiti più convenienti.
Alla fine della serata però la speranza che si possa continuare a costruire qualcosa di altro rimane. Così come resta, sospesa ma al tempo stesso urgente, la domanda finale di don Augusto: “Che cosa stiamo finanziando con i nostri soldi?”