di Francesca Radaelli
Lo sport come veicolo di valori etici, come strumento di dialogo e integrazione, di crescita personale e di costruzione di legami. Il tutto declinato al femminile. Questo il filo conduttore e lo spirito della mattinata che si è svolta all’Urban Center Binario 7 di Monza lo scorso sabato 24 marzo e che ha visto i contributi di tante donne di sport impegnate in modi differenti nella pratica sportiva, nel territorio monzese, su scala nazionale e persino internazionale.
Donne: etica e valori nelle sport era il titolo del convegno, promosso dalla UPF Universal Peace Federation insieme alla UISP e alla Federazione delle Donne per la Pace , con il contributo del Comune di Monza.
“Quando a causa degli anni
non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Però non trattenerti mai!”
Sono state le parole della poesia di Madre Teresa di Calcutta “Dedicato alle donne”, recitata da Ettore Fiorina, ad alzare idealmente il sipario sulla mattinata, che è stata condotta da Carlo Chierico, presidente UPF Monza, e dalla giornalista Carlotta Morgana.
La storia di Arjola
Ospite speciale dell’evento è stata Arjola Dedaj, campionessa del mondo e medaglia d’oro del salto in lungo ai mondiali paralimpici di Londra. La sua è la storia di un riscatto personale attraverso lo sport capace di colpire e commuovere. E che suscita soprattutto una grande ammirazione.
Albanese, sbarcata in Italia su un gommone a 17 anni, dopo un viaggio a dir poco spaventoso per lei, che oltre a essere ipovedente non era capace di nuotare, proprio nel nostro paese Arjola si è avvicinata alla pratica sportiva professionistica: “In Albania un disabile doveva vivere nascosto. Io sono cresciuta pensando di non potere avere un futuro, essendo oltre che disabile, anche donna”, ha raccontato. “In Italia, invece, venendo in contatto con l’istituto dei ciechi, incontrando persone serene, con vita normale, è scattata anche in me la voglia di non vergognarmi più e prendere in mano la mia vita. È stato così che ho iniziato a seguire davvero la mia passione per lo sport”. Iniziando così la grande avventura che l’ha portata all’oro mondiale, che Arjola ricorda ancora con grande emozione. E anche all’incontro con il suo compagno di vita, l’atleta paralimpico Emanuele Di Marino, con cui ha dato vita alla pagina facebook La coppia dei sogni e insieme al quale è impegnata in campagne di sensibilizzazione nelle scuole: “Il messaggio che vogliamo portare è che la disabilità non ci rende più diversi degli altri. È un po’ come la paura di nuotare: impedisce di fare certe cose, ma alla fine se si vuole tutte le difficoltà possono essere superate”. Per gli atleti non vedenti una difficoltà è senza dubbio la mancanza di guide per correre e Arjola ha lanciato diversi appelli in proposito, così come, in quanto atleta donna, la difficoltà di conciliare sport e lavoro ordinario: “Fortunatamente lavoro in un’azienda che mi supporta e mi offre i permessi necessari per gare e allenamenti. Ma non per tutte è così…”
“Lo sport è una palestra di valori, che aiuta a diventare campioni nella vita”, aveva sottolineato in apertura Andrea Arbizzoni, assessore allo sport del Comune di Monza. “Valori come il sacrificio, la lealtà, il rispetto dell’avversario e delle regole. Anche per questo i traguardi raggiunti dalle donne nello sport andrebbero riconosciuti e valorizzati al meglio”, ha aggiunto, in riferimento alla diseguaglianza di trattamento, a livello non solo mediatico ma anche legislativo, dello sport femminile rispetto a quello maschile. E proponendo come modello la città di Sparta, nell’antica Grecia, dove l’attività fisica delle donne era riconosciuta come parte fondamentale della vita cittadina.
L’auspicio che possa essere superata la disparità di genere nello sport è stato ribadito con forza da Carlotta Morgana, che ha inoltre voluto ricordare come spesso le donne abbiano una capacità maggiore nel fare squadra, nell’essere inclini al sacrificio, nel perseguire e raggiungere i propri obiettivi. E nel legare lo sport a messaggi etici, come nel caso delle campagne a favore delle donne promosse da una campionessa del passato come Sara Simeoni, o del calendario contro il femminicidio recentemente realizzato dalle ragazze del volley.
Buone pratiche a Monza
E proprio grazie all’iniziativa delle donne prendono vita progetti in cui sport e inclusione vanno a braccetto, e in cui ciascuno può contribuire al risultato della squadra, con la sua ‘particolare’ abilità. È il caso del baskin, una disciplina sportiva che consente la partecipazione attiva di persone con diversa abilità insieme a giocatori normodotati che da circa un anno è approdata anche a Monza, con la squadra di mini baskin del Sanfru Basket. “La bellezza di questo sport sta nell’inclusività”, hanno sottolineato le due allenatrici promotrici del progetto monzese, Mariza Perucci e Federica Vertemara. “Atleti normodotati e diversamente abili giocano insieme per un unico obiettivo. Tutti possono fare canestro, ogni canestro ha lo stesso valore e scaturisce da dinamiche di gioco in cui talvolta la scelta migliore è costituita proprio dal passaggio a un atleta diversamente abile”.
Non sono mancati nel corso della mattinata esempi ed esperienze relative al valore educativo della pratica sportiva, anche per le bambine. Come l’esibizione di ginnastica artistica delle piccole atlete della Forti e Liberi Monza che festeggia quest’anno il 140esimo anniversario. Ma anche l’esperienza del Basket Villasanta, illustrata da Roberta Rossi, allenatrice di mini basket e a sua volta appassionata giocatrice di serie B, che ha esortato a “sfatare i luoghi comuni”: “Manca cultura sportiva , spesso anche nei genitori che guardano agli sport di squadra ‘di contatto’ come pericolosi per le figlie femmine. Non è così. Quando proponiamo il mini basket nelle scuole, anche le bambine si divertono tantissimo”.
Del resto anche uno sport come il rugby può essere declinato al femminile, come ha dimostrato la testimonianza portata da Marika Ascione e Miriam Pagani, giocatrici del Rugby Monza, che hanno tenuto a precisare come a livello internazionale la Nazionale femminile stia raggiungendo risultati migliori di quella maschile, posizionandosi settima nel ranking mondiale.
E anche nel calcio la situazione non è molto diversa: “La Nazionale femminile ai Mondiali può ancora andare”, ha sottolineato con una battuta Andrea Bellonni, capitano della squadra femminile del Fiammamonza (serie B) e giocatrice della nazionale under 23: “Per una donna che gioca a calcio la motivazione non può essere che una: la passione. Personalmente lo sport mi ha permesso di crescere molto anche come persona, anche perché ho trovato nel Fiammamonza una realtà molto attenta al settore giovanile”
Tutto declinato al femminile è il progetto dell’Associazione Donne in Movimento, illustrato dalla presidente Loredana Cirulli, nato nella palestra di via Varisco a Monza con l’obiettivo di rispondere alle esigenze di salute e benessere delle donne, rispettandone i tempi condizionati da lavoro e famiglia. Ma anche affiancandole nella ripresa da interventi chirurgici, dopo gravidanze, o venendo incontro a quelle culture e religioni che necessitano di un luogo solo femminile per la pratica sportiva: “Le nostre iscritte diventano anche socie, organizziamo corsi, conferenze, iniziative volte a promuovere la partecipazione e a coinvolgere le nostre iscritte. Siamo una piccola realtà ma proprio questo ci permette di operare con attenzione specifica e mirata”.
Le donne nello sport: ancora una minoranza
Legatissima al basket la giornalista Katia Trinca che, nel rievocare la propria esperienza di sportiva, ha voluto rimarcare il valore della resilienza degli uomini e soprattutto delle donne di sport : “Lo sport è qualcosa che può salvare da situazioni familiari e sociali difficili, regalando amicizia, autostima, fiducia in se stessi per i progressi compiuti, senso di responsabilità. Purtroppo le donne subiscono trattamenti di serie B anche nel giornalismo sportivo”, ha aggiunto invitando tutte le donne a non accettare o giustificare mai parole e comportamenti che discriminino il proprio essere donna. “Vanificheremmo le conquiste delle nostre madri”, le ha fatto eco la collega Carlotta Morgana, guadagnando gli applausi del pubblico.
“Ai vertici delle federazioni sportive le donne sono in netta minoranza”, ha sottolineato Marika Kullmann, consigliere federale FISR e presidente Skating Club Monza. “Nel mio ruolo cerco di dare spazio all’etica nel comportamento sportivo, ai valori del fair play, della meritocrazia intesa come dare sempre il meglio di sé, della lealtà. Valori che devono venire prima delle medaglie: questo è il messaggio che deve passare dall’educazione sportiva dei nostri ragazzi”.
Se le quote rosa nelle federazioni sono ridottissime, la pallavolo è il primo sport per atlete tesserate, come ha sottolineato Ilaria Conciato, direttrice generale del Vero Volley. Presentando una serie di numeri rilevati dal Coni ha mostrato come si stia riducendo sempre più il divario tra uomini e donne che fanno sport: “Nella prima infanzia e in età anziana le donne sportive sono di più rispetto agli uomini”, ha detto ponendo l’accento anche sul valore aggiunto portato dalla pratica sportiva: “Chi fa sport ha una marcia in più a livello fisico e cognitivo, relazionale e affettivo, nella capacità di gestire frustrazione e rabbia, nell’affrontare per esempio episodi di bullismo”.
Parlando di pallavolo femminile, la parola è passata a Daniela Andreozzi, giocatrice nel torneo interetnico Trofeo della Pace, la cui nuova edizione si terrà sabato 21 aprile presso la palestra della scuola media Zucchi di Monza: un torneo che l’anno scorso ha visto la partecipazione di 6 squadre amatoriali, tra cui una rappresentativa del Centro Islamico, la squadra della UPF e due formate da giovani mamme del territorio. Daniela, raccontando la sua esperienza, ha colpito il pubblico presente per il valore di un torneo del genere, che unisce persone di culture, nazionalità e religioni diverse, unite dalla passione per lo sport, che riesce a creare non solo solidarietà ma anche integrazione e vere e proprie amicizie.
L’ultimo contributo al convegno è stato quello di Aurora Puccio, Mental Sport Coach, che sta scrivendo un libro sulla storia del Setterosa, la nazionale italiana di pallanuoto femminile che ha vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene 2004. Aurora ha fatto vedere uno spezzone della finale olimpica, vinta dalle ragazze italiane contro la squadra della Grecia, che quindi giocava in casa e aveva il pubblico a favore, provocando un’emozione incredibile nel pubblico presente. Poi Aurora si è soffermata sul tema dei pari diritti delle donne nello sport, prendendo spunto proprio dalle ragazze del Setterosa che si sono battute per ottenere pari riconoscimenti, per meriti sportivi, rispetto ai loro colleghi della pallanuoto maschile.
Nella sintesi conclusiva, la giornalista Carlotta Morgana ha rimarcato il valore del convegno nei contributi concreti dati da tutte le relatrici, mentre nel salutare e ringraziare il pubblico presente, Carlo Chierico ha voluto ricordare la figura dei coniugi coreani Moon, fondatori della UPF International, che, nelle loro attività a 360° per il dialogo interreligioso e pace nel mondo, hanno inserito lo sport come una delle attività più importanti. Perché attraverso lo sport si può parlare direttamente di etica e valori ai giovani.
Signora/signorina Radaelli .. il suo articolo merita una piu’ ampia visione . Leggerlo , permette alle persone di avere un inezione di fiducia per domani , Continui a scrivere articoli che danno speranza ….questa ” povera penisola d’Italia ” nme ha davvero bisogno . Buon lavoro e Buona Fortuna .
Grazie per le sue parole di incoraggiamento. La “provocazione del bene” è la missione de Il Dialogo di Monza.
Salve, ero presente al convegno e mi ha fatto molto piacere leggere l’articolo, che rende molto bene i grandi valori e le buone pratiche emerse. Grazie. Marzia
Complimenti agli organizzatori per l’iniziativa, che apre davvero il cuore di speranza e grazie alla giornalista e al giornale on line che le da la meritata visibilità. Buona Pasqua. Franco