di Daniela Annaro
Gli occhialetti da professore, impeccabilmente vestito con un elegante collo di camicia inamidato. E’ una delle rare foto giovanili di Vasilij Kandinsky, il padre indiscusso della pittura astratta. Secondo il calendario gregoriano, nasce a Mosca il 16 dicembre del 1866, per quello ortodosso il 4 dicembre.
Sfumature irrilevanti che raccontano delle origini e parlano della sua storia che, autorevolmente, si intreccia con quella della pittura del Novecento. Vasilij proviene da una colta famiglia borghese, compie un regolare corso di studi in legge fino alla laurea, ma a trent’anni (1896) abbandona tutto. A Monaco di Baviera, in Germania, si compie il suo destino. All’Accademia di quella città suo maestro è Franz von Stuck, artista simbolista, tra i suoi compagni c’è anche lo svizzero Paul Klee. E proprio con quest’ultimo condividerà l’esperienza del movimento “DER BLAUE REITER”,””IL CAVALIERE AZZURRO”. E’ il 1911.
Insieme a Franz Marc, dà alle stampe un almanacco che si intitola appunto così. Si occupa di arte e di musica moderna. Contemporaneamente Vasilij pubblica “Lo spirituale nell’arte“, testo fondamentale per il gruppo di intellettuali che aderisce alla rivista. Gli stessi che poi organizzano due mostre. Vi partecipano pittori che provengono da esperienze diversissime come Braque e Picasso, Delaunay e Rousseau, Gonciarova e Hans Arp. Sono tutti accomunati da un bisogno di rinnovamento, di apertura verso valori autentici, spirituali, di recupero della propria “ingenuità” e naturalezza. Un bisogno di andare oltre le convenzioni e di ritrovare le maniere espressive dell’infanzia, della purezza. Da qui il loro interesse per la pittura dei bambini e degli alienati, del folclore e del misticismo.
Kandinsky, per questi artisti – e non solo per loro – è più di un faro. Dopo aver abbandonato definitivamente la pittura figurativa, Vasilij spiega ne “Lo spirituale nell’arte” che ogni forma ha un proprio intrinseco contenuto che rimanda a un’ immagine, un senso , uno stimolo psicologico. Del contenuto delle forme, l’artista si serve come fossero tasti di un pianoforte (Argan) “toccando i quali mette in vibrazione l’anima umana” (Kandinsky).
Ed è questo lo spirituale dell’arte: è il non-razionale, quell’irrazionalità che è l’essenza dell’esistenza umana.