di Fabrizio Annaro e Laurenzo Ticca
“O Draghi o il caos”. E’ il titolo del volume scritto a due mani da Giulio Sapelli, economista e storico, e da Ludovico Festa, condirettore del Foglio, scrittore ed ex dirigente del Pci.
Qual è la tesi degli autori? Dopo un breve excursus storico e messe a fuoco alcune criticità della nostra politica in particolare la scarsa autonomia internazionale, (soggetta all’influenza di diverse potenze straniere che incidono sulle vicende politiche italiani attraverso partiti o correnti di questi), Sapelli e Festa presentano Draghi come la personalità più autorevole e forse unica in grado di tenere a bada gli appetiti delle potenze straniere e di risollevare la nostra Repubblica conferendogli nuova linfa ed autorevolezza nello scenario internazionale.
Ecco perché i due autori insistono affinchè il Parlamento elegga Mario Draghi Presidente della Repubblica. In più, aggiungono Sapelli e Festa, una presidenza Draghi richiederebbe un consistente rinnovamento della politica italiana e dei suoi partiti.
Per “contare” nei circuiti del potere internazionale e nell’ambito delle istituzioni europee e globali, all’Italia serve una nuova fase costituente, cosa che, dopo la fine della I Repubblica, non sono riusciti a realizzare né il centro destra né il centro sinistra.
Una presidenza Draghi costringerebbe i partiti, secondo gli autori, a dar vita ad una fase di rinnovamento costituzionale, rinnovamento indispensabile per favorire una maggior integrazione europea condizione necessaria alla nascita di una vera e propria confederazione con Germania Francia e Spagna …
Un progetto ambizioso che vedrebbe l’Italia protagonista e Draghi regista e conduttore di questa nuova Europa.
Sogno, illusione, inconscio desiderio degli autori oppure possibile scenario?
E’ sconfortante leggere il libro che Giulio Sapelli e Lodovico Festa hanno dato alle stampe nel novembre scorso. Pagine che fanno male come talvolta fa male la verità.
Un libro dettato dalla urgenza di schierarsi risolutamente e per tempo con quei pezzi di establishment economico e politico italiani e internazionali che vogliono Mario Draghi al Quirinale.
Dal Colle, dicono e pensano gli autori, l’ex numero uno della Bce potrebbe guidare il Paese fuori dalle secche. Potrebbe, insomma, evitare il crollo definitivo.
Una convinzione che nasce dall’analisi pessimistica sullo stato dell’Italia oggi. Un rapporto tra debito e PIL che è ben oltre il 150%, una quantità di soldi che sta per arrivare grazie al Recovery Fund e che rischia di essere inghiottita dalla farraginosa burocrazia italiana o, peggio, dalle acque dei fiumi carsici alimentate da corruzione politica e criminalità organizzata.
Un paese, infine, che si dibatte dentro una crisi istituzionale gravissima da cui non potranno certo salvarlo né Salvini, né Meloni, né Letta. Figure pallide che si agitano su fondali di cartapesta. Né potrà salvarlo un Berlusconi redivivo che qualcuno tra i suoi stessi alleati lo invita a gettare la spugna.
“Il quasi insuperabile macigno che blocca un risanamento della politica italiana- scrivono Festa e Sapelli– è costituito dall’eccezionale livello della disgregazione in atto, innanzitutto quella delle istituzioni.” A partire, aggiungono, dal Parlamento.
Draghi, dicono Sapelli e Festa, dal Quirinale potrà avviare una sorta di fase costituente che, a partire dalle elezioni politiche, possa consentire al paese di uscire dalle difficoltà.
Sono convinti che nello sfascio generale restituire la parola all’elettorato possa (Sapelli lo ripete spesso) ridefinire un quadro politico istituzionale che consenta di superare la confusione e la demagogia di questi anni (pensate alla fine e ai danni provocati dai 5 stelle, un soggetto che si percepiva come rivoluzionario e che oggi affonda negli interessi dei suoi capibastone).
Nelle acque agitate Draghi sembra essere una rassicurante boa di ancoraggio. Draghi, dicono in molti, garantisce per noi sui mercati internazionali, presso le cancellerie. Ha rapporti solidissimi con Washington e Berlino nelle cui sfere di influenza noi gravitiamo, meglio sarebbe dire, soggiaciamo.
Berlino non può rinunciare alla catena di valore che la nostra manifattura del Nord gli garantisce e la Casa Bianca non può permettersi di perdere quella piattaforma nel Mediterraneo che l’Italia rappresenta (pochi ricordano che in Italia ci sono ancora 13.ooo militari a stelle e strisce e non sono qui in vacanza.)
Draghi è per prestigio, competenza ed esperienza inserito in queste dinamiche di potere transnazionali che non sono certo estranee al ruolo che dovrà ricoprire. Ce la farà? Sapelli e Festa sembrano convinti di sì.
Un uomo solo al comando in un paese rissoso, confuso, soffocato da particolarismi e nel quale chi può costruisce il proprio potere tra ricatti, clientele e nepotismi vari (pensate allo spettacolo offerto in piena pandemia, da certi presidenti di Regione sensibili ai propri interessi elettorali più che alla salute dei cittadini). Vere e proprie forme di contropotere rispetto al governo centrale. Auguri di cuore al presidente Draghi.