di Fabrizio Annaro
Re Lear. Un’opera teatrale che mostra tutta la sua profondità di pensiero ma anche la sua grande attualità. Shakespeare senza saperlo, ha visto il declino della civiltà occidentale, il suo lento, inesorabile invecchiamento e i vizi e le virtù che si sprigionano dalle dinamiche che l’opulenza e la brama di potere generano.
Un anziano re, interpretato da un gigante del palcoscenico, Elio De Capitani, per la regia di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, consapevole di essere entrato nel tramonto dell’esistenza, decide di anticipare, quantomeno in apparenza, la propria eredità. Come in una riunione di famiglia, sua maestà attende dalle figlie un discorso di commiato, ma soprattutto parole di adulazione. E le due sorelle maggiori non disattendono le speranze del padre.
Entrambe si lanciamo in proclami d’amore e fedeltà, ricevendo da Lear parte del regno da lui diviso proprio in vista di questo congedo. La figlia minore invece, la prediletta Cordelia, non trova parole per manifestare il suo amore. Per lei l’amore per il padre semplicemente “è”, e non ha bisogno di ulteriori proclamazioni. Il silenzio di Cordelia, però, trafigge il cuore di sua maestà, scatena l’ira del re sino alla decisione di diseredarla e ripudiarla e di assegnare la parte del regno che le spettava alle altre due sorelle.
Ma la sincerità e la semplicità di cuore premiano Cordelia che sarà richiesta in sposa del re di Francia. Da qui, re Lear affronta una lenta, inesorabile caduta verso la pazzia. Il dolore si mostra in tutta la sua potenza e Lear lascia apparentemente il regno ma non abbandona la tirannide, che diviene familiare: le figlie diventano vittime della demenza e della malattia del padre. Una terribile vendetta del destino che punisce l’ipocrisia delle due figlie che hanno ereditato il regno.
Parallelamente si svolge un altro dramma familiare tra i figli del conte di Gloucester: il fratello avido, cinico e senza scrupoli decide di ordire complotti contro il padre e suo fratello Edgar erede naturale per diritto dinastico.
Suggestiva la scenografia che riproduce l’atmosfera shakespeariana di questa opera. Grandiosa l’interpretazione di Elio De Capitani che attraverso le parole dell’opera ci conduce verso nella profondità del nostro essere.
Shakespeare ribalta il biblico assassinio di Caino e Abele per concedere il trionfo della giustizia al fratello buono che vince il sanguinoso duello familiare. La riconciliazione fra Cordelia e re Lear non bastano ad evitare il sacrificio della figlia e del padre che si consumano mentre il sipario fa comprendere che siamo alla fine.
Il pubblico applaude convinto e soddisfatto, un ringraziamento per aver assistito ad una grande opera teatrale. Il finale, richiama ancora un’immagine biblica, ma capovolta e conferma il senso della tragedia del vivere umano. Rispetto al sacrificio di Abramo, ove un angelo interviene ad impedire la morte di Isacco, la vita di re Lear e della figlia Cordelia si consumano quale apice di una sofferenza che accompagnano il divenire dell’esistenza umana.
“Elio De Capitani in RE LEAR” in scena al Teatro Manzoni di Monza sabato 30 novembre ore 21:00 e domenica 1 dicembre ore 16:00. Info, abbonamenti e biglietti: www.teatromanzonimonza.it