Alla ricerca di una gallina a quattro zampe: il racconto di un’esperienza di Unlearning

IMG_0098Si pensa soltanto a conservare il proprio bambino: non è sufficiente; occorre insegnargli a conservarsi da sé quando sarà adulto, a sopportare le percosse del destino, a sfidare l’opulenza e la miseria, a vivere, se necessario, tra i ghiacci dell’Islanda o tra le rocce infocate di Malta.

Usate pure ogni possibile precauzione perché non muoia: dovrà ben morire una volta; e quand’anche la sua morte non fosse effetto delle troppe attenzioni, queste sarebbero pur sempre inopportune. Non importa tanto impedirgli di morire, quanto farlo vivere. E vivere non è respirare: è agire, è fare uso degli organi, dei sensi, delle facoltà, di tutte quelle parti di noi stessi per cui abbiamo il sentimento di esistere. (tratto dall’Emilio di Jean-Jacques Rousseau)

Desidero raccontarvi di Anna, Gaia e Lucio. Una famiglia come tante che vive a Genova, quotidianamente alle prese con le certezze che una vita usuale porta con sé: svegliarsi la mattina, prepararsi per andare ad accompagnare i propri figli a scuola, per poi essere in un nano secondo sul posto di lavoro. Arriva da sé la fine della giornata, torni a casa, annichilito, perché forse oramai ogni giorno si ripete sempre uguale, sembra quasi che la vita non sappia stravolgerti. Ti ritrovi con la tua famiglia, e a volte nemmeno hai voglia di rivolgere la parola a tua moglie o sei stremato e non hai forza sufficiente per giocare con tua figlia. Ti ritrovi, a dover fare i conti con bollette, mutuo da pagare, cibo che è scadente.

Fino a quando tua figlia, non disegna un pollo con quattro zampe. Forse, la maggior parte dei genitori lo avrebbe ignorato. Invece no, Anna e Lucio dopo quel disegno hanno iniziato a chiedersi come fosse possibile che Gaia, una splendida bambina di cinque anni, avesse ritratto un pollo in quelle condizioni.

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Un giorno, andando al supermercato, l’attenzione di Anna venne catturata da una confezione di cosce di pollo: erano quattro, proprio come il numero delle zampe della gallina disegnata da Gaia.

È così che un’ansiosa insegnante in aspettativa, un registra televisivo ormai stanco dei format attuali e una bambina che si fida ciecamente di mamma e papà, sono partiti in vista di un cambiamento, allontanandosi dagli stereotipi sociali, dall’idea che senza soldi non si possa vivere, dall’idea che la buona fede e la condivisione non esistano.

In aprile sono partiti per sei mesi, girando Inghilterra, Austria e Italia, spendendo poche centinaia di euro, e utilizzando come moneta principale il baratto. Hanno visitato villaggi ecosostenibili, vegani, oasi in pace con l’essere umano e con la natura; hanno ricevuto ospitalità, in cambio di piccoli lavoretti, mettendo in condivisione con gli altri i propri talenti, per ottenere uno scambio equo di vita e di emozioni. Il loro background cittadino si è scontrato con nuove realtà, hanno potuto uscire da schemi mentali rigidi e ritrovare quel senso di appartenenza insito nella natura umana che ha il sapore di libertà. Hanno partecipato a raduni rainbow, sono stati ospitati in spelonche e roulotte, hanno sperimentato scuole libertarie e comuni anarchici. Hanno accudito animali, hanno pulito stalle, si sono cimentati nello smontaggio di tendoni circensi, hanno recuperato cibo dai rifiuti. In ogni viaggio hanno conosciuto tante famiglie, tutte con lo stesso obiettivo, la necessità riscoprire se stessi, entrando in armonia con la natura.

Abbiamo chiesto a Lucio Basadonne di raccontarci il vissuto che l’ha reso protagonista, di questa avventura durata sei mesi. Dopo 4500km, rientrati da poco nella cittadina genovese, non sono riusciti nemmeno a disfare le valigie che già erano alle prese con i festeggiamenti preparati dagli amici. In questi mesi, per continuare a pagare il mutuo, hanno affittato la loro casa tramite airbnb.it e quando non era occupata era destinata allo scambiocasa vero e proprio, tramite homelink.it. Gli ultimi inquilini erano degli zelandesi che hanno lasciato loro un pacco con pieno di regali. In programma c’è la produzione di un film documentario riguardo l’esperienza di Unlearning.

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Lucio con la figlia Gaia

Come è iniziato tutto?

L’episodio del disegno è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Eravamo in un periodo molto pesante, in cui pagamenti, la paura di non farcela, stavano per fagocitare la nostra vita. Quando poi ci siamo resi conto che anche ciò che stavamo trasmettendo a Gaia, era di pessima qualità, abbiamo deciso di prendere un periodo di pausa dalla frenesia quotidiana, per cercare di comprendere se, l’impostazione data alle nostre vite, rispecchiasse la soluzione migliore o se c’era dell’altro. Quindi, abbiamo scelto di partire, seppur con l’idea di ritornare: non abbiamo programmato una fuga, piuttosto una pausa di riflessione. In questo tour, abbiamo conosciuto famiglie che hanno fatto scelte più coraggiose della nostra, come occuparsi dell’educazione dei propri figli personalmente, dell’autosostentamento alimentare,  offrendo ospitalità ai viaggiatori. La prima tappa è stata presso un villaggio vegano a Fiumara Grande, in Sicilia, si lavorava coltivando la terra, si barattava ciò che veniva prodotto con altri frutti o ortaggi, proprio perché il fine del villaggio era occuparsi del nutrimento sano. Siamo stati ospiti a Fidenza, presso una struttura progettata per cohousing. Consiste in un gruppo di famiglie che dopo la formulazione di un progetto comune, hanno realizzato un edificio a sostenibilità ambientale unita a quella economica e sociale. Ecosol è costituito da una serie di appartamenti che traggono l’energia necessaria per il consumo domestico, da quella solare, mediante l’installazione di pannelli solari. Sono riusciti ad abbattere anche i costi delle spese amministrative: a turno, si offrono per la gestione condominiale. Hanno degli spazi in comune: un grande salone con cucina in cui possono organizzare feste o pranzi in compagnia, la lavanderia, la cantina, pur mantenendo spazi dedicati ai propri confort.

Compiere una scelta simile implica coraggio, che cosa vi ha permesso di superare la paura di buttarvi in questa esperienza?

La scelta è avvenuta proprio perché eravamo in un periodo in cui tutto stava crollando, quindi o andavamo verso un cambiamento oppure ci sarebbe caduto addosso. Non aveva senso continuare a vivere in una condizione simile. Anna e io ci siamo confrontati e abbiamo cercato di comprendere e individuare ciò che realmente volevamo condividere e ciò che avrebbe sicuramente contribuito alla crescita di Gaia. La nostra non è stata una fuga, abbiamo fatto una scelta con la consapevolezza che saremmo tornati, e con la volontà, una volta a casa, di mettere in atto ciò che avremmo visto e imparato, nel corso di quei mesi. Ora, che siamo appena rientrati, già iniziamo a risentire della pesantezza della routine quotidiana.

Gaia come ha vissuto questa esperienza?

Bene, anche se la percezione che hanno i bambini circa il tempo, ha rappresentato un ostacolo. Quando giungeva la partenza per una nuova meta, lei lasciava un amico e doveva essere pronta a salire su una macchina con uno sconosciuto, piena di valigie. A un certo punto del nostro tour, ci siamo accorti che i nostri soggiorni duravano troppo poco, soprattutto per lei, quindi abbiamo deciso che sarebbero dovuti consistere in almeno quindici giorni di permanenza.

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Gaia

Adesso che siete tornati alla realtà come pensate di mettere in pratica ciò che avete imparato?

Ho imparato a rinunciare ai miei spazi, al mio tempo, condividendo tutto con gli altri. Se vogliamo pensarci bene, anche ciò che abbiamo vissuto coincide con la realtà, certo, con tempi e modi diversi di viverla, ma definire realtà quella a cui i più sono abituati, mi sembra offensivo nei confronti di chi ha scelto di vivere diversamente. Forse, è molto più semplice affrontare i giorni delegando qualsiasi mansione: occuparsi di tutto è pressoché impossibile, ameno ché non esita un gruppo di persone che ti sostiene. Staccarsi dalla propria vita e poi ritornarci, contribuisce a focalizzare meglio ciò che nella tua esistenza non funziona. Al momento, un progetto preciso non c’è sicuramente il desiderio di ritornare in viaggio, prefiggendoci degli obiettivi ben precisi.

Come avete fatto a individuare le mete dei vostri viaggi, a organizzare gli spostamenti?

Abbiamo consultato principalmente tre siti internet (workaway.info, WWOOF, helpX), a cui abbiamo fatto riferimento per rintracciare persone che offrissero ospitalità in cambio di lavoro: cinque ore di lavoro in cambio di vitto e alloggio. Abbiamo intrapreso questo viaggio come famiglia ed è stato come stare insieme per cinque anni effettivi, considerando che normalmente si sta insieme due ore al giorno solamente per mangiare e lavare i piatti.

Qual è l’esperienza che vi ha coinvolto maggiormente come famiglia e quella che ha colpito più te personalmente?

A me ha colpito la comunità degli Elfi, un villaggio disperso nel pistoiese, ad Avalon. È una comune (Ndr) in cui non manca nulla, qui vengono alla luce circa dodici bambini l’anno, senza la presenza del sussidio ospedaliero e la donna viene trattata come una principessa; c’è anche una scuola in cui gli insegnanti sono i genitori stessi, specialisti in materie differenti, si occupano della pulizia dei boschi, dei ruscelli, tutto a impatto zero. È un villaggio che si raggiunge a piedi, attraverso un sentiero. Ognuno mette a disposizione le proprie capacità. Ciò che mi ha meravigliato è che lì sei libero di contribuire come più vuoi alla comunità, paradossalmente prendendo il sole tutto il giorno. Nella nostra mentalità non sarebbe ben accetto, a volte preferiamo che ci venga imposto quello che dobbiamo produrre in determinate ore, così abbiamo solo da pensare a come realizzarlo entro la fine della giornata, piuttosto che assumere la responsabilità di una scelta, nella consapevolezza che la libertà con cui prendi decisioni deve terminare, dove inizia la libertà dell’altro, perché ciascuno è responsabile della felicità altrui.

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Mentre quello che ci ha coinvolto maggiormente come famiglia è stato il progetto Dumpster Diving, in Austria, il quale prevede il recupero di cibo dai cassonetti della spazzatura. Abbiamo recuperato viveri per quattro, cinque giorni! Era incredibile l’entusiasmo di Gaia quando trovava del pane e si meravigliava del quantitativo racimolato.

Consigliereste questo tipo di esperienza?

Non consiglio tanto un’esperienza identica alla nostra, perché può non essere adatta a tutti, ma quanto la possibilità di vivere a costo zero, offrendo come moneta le proprie capacità. Per esempio, se una persona desidera andare in vacanza e non ha soldi, può andarci lo stesso offrendo in cambio quattro ore di lavoro al giorno, trasformandosi da turista in viaggiatore.

Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

Ho riscoperto l’essenza dell’essere umano, a riporre fiducia nell’altro. Ho imparato a ospitare sconosciuti, a mettermi in discussione sempre, a uscire dall’etica capitalista.

C’è stato un momento in cui avresti voluto tornare a casa?

No, mai.

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Amo le cose belle, le belle storie che dicono qualcosa, mi piace tutto ciò che fa palpitare il cuore. E bello aver la pelle d’oca, significa che stai vivendo. (José Samarago)

Chiara De Carli

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