di Daniela Zanuso e Francesca Radaelli
È un incontro che non lascia indifferenti, che mette in moto riflessioni, fa cadere qualche certezza di troppo, innesca cambiamenti personali. Operatori che raccontano la loro esperienza a contatto con i richiedenti asilo
accolti a Monza e Brianza all’interno della rete RTI Bonvena. Le loro testimonianze sono raccolte all’interno del Sesto Report sull’Accoglienza dei richiedenti asilo in Brianza ad opera della RTI Bonvena.
“Per noi, l’esperienza dell’incontro con i richiedenti asilo ha significato una scelta precisa: scegliere di rispondere positivamente a un’esigenza sociale”: così Veronica, Tommaso, Antea, operatori RTI Bonvena, hanno risposto alla domanda relativa al significato dell’incontro con le persone con cui, per lavoro, sono a contatto ogni giorno. “Un’esigenza che chiede alla società di essere più aperta, più inclusiva, di trasformarsi in una società che sappia mettersi in discussione ed sia in grado di promuovere un’integrazione bilaterale. Questa esperienza”, proseguono, “ci ha anche permesso di confrontarci con una relazione lavorativa meno fissa e più flessibile, all’interno della quale il rapporto sociale è predominante. E proprio la predominanza del rapporto sociale e della dimensione umana non lascia indifferenti ed è in grado di produrre un grande fascino: è difficile, ma necessario, non lasciarsi travolgere da questo fascino”. Questa è la difficoltà più grande, dal punto di vista professionale: “Nel rapporto con gli ospiti uno dei rischi principali è quello di sentirsi onnipotenti e determinanti per la storia personale dei singoli; ogni tanto è necessario fermarsi e ricordarsi che le persone che abbiamo davanti sono loro stesse portatrici di competenze e talenti sufficienti al loro successo”. Un’altra difficoltà è data dal fatto che la professione di chi opera nell’accoglienza è poco conosciuta e riconosciuta ma, al tempo stesso, sovraesposta a livello mediatico: “Spesso dobbiamo confrontarci con comunità chiuse e ostili nei confronti di operatori e ospiti. L’esperienza che stiamo vivendo, invece, ci ha permesso di migliorare le nostre capacità di relazione all’interno di contesti interculturali. Qualcuno è persino riuscito a vincere un carattere – tipicamente brianzolo! – chiuso e timoroso dell’altro. Inoltre, al contrario di quello che potrebbe essere il pensiero comune, il continuo confronto con l’alterità ci ha permesso di scoprire maggiormente le nostre identità personali e culturali. Abbiamo così imparato a decentrare le nostre convinzioni a favore di una contaminazione culturale che è senz’altro fonte di arricchimento personale”.
Un’esperienza analoga è anche quella di Fausto, uno dei volontari nel progetto Zaccaria 2, a contatto con i richiedenti asilo ospitati nella sua parrocchia: quella di San Biagio a Monza. “Dopo diversi anni di impegno come educatore in oratorio, ho deciso di volgere lo sguardo ai ragazzi ospitati nella mia parrocchia per dedicare loro qualche ora del mio tempo”, racconta. “È stato un bel modo di mettermi in gioco per gli altri, adattando le mie capacità e le mie disponibilità alle richieste e alle esigenze legate alla presenza di queste persone”. Toccare con mano una realtà fino ad allora conosciuta soltanto attraverso i giornali e i media è stato decisivo per capirla davvero. “È stato bello anche conoscere nuove persone, volontari della mia comunità, e fare rete con loro e con gli operatori per cercare di accogliere al meglio gli ospiti”. Difficoltà e criticità non sono mancate: “E non bisogna negarlo, ma se si crea un bel rapporto tra ospiti, operatori e volontari, anche le situazioni più difficili e delicate si possono superare insieme, ascoltandosi e cercando di venirsi incontro, nel rispetto dei ruoli e delle regole”. E alla domanda su come veda il futuro dell’accoglienza, Fausto risponde così: “Il futuro sono loro, gli ospiti! Sono convinto che, quando si sentono davvero accolti e vedono dei gesti (anche piccoli e magari apparentemente scontati) di cura e attenzione verso di loro, rispondono con determinazione e impegno a integrarsi e a fare di tutto per sentirsi parte delle nostre comunità. Oggi per me è davvero bello e gratificante incontrare per le vie di Monza i ragazzi ospitati ormai tre anni fa nell’appartamento di san Biagio e fermarmi a parlare con loro. Proprio come si fa con un amico”.
Il report completo è scaricabile dal seguente link
VI REPORT_RTI BONVENA 20 giugno 2018