di Fabrizio Annaro
Favorire gli stranieri invece che gli italiani: in tempi di crisi economica non ancora realmente superata questa è una delle accuse più spesso rivolte alle istituzioni locali. Simona Ghedini, Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Vimercate, spiega perchè si tratta di un’accusa infondata in questa intervista sull’accoglienza richiedenti asilo nella sua città e nei comuni dell’ambito del vimercatese. L’intervista è pubblicata all’interno del Sesto Report sull’Accoglienza dei richiedenti asilo in Brianza ad opera della RTI Bonvena, il raggruppamento di imprese sociali che gestiscono gran parte dell’accoglienza dei richiedenti asilo in provincia di Monza e Brianza.
Qual è situazione dei richiedenti asilo nel vimercatese?
Nei comuni dell’Ambito, in collaborazione con Offerta Sociale, stiamo portando avanti 30 progetti relativi allo SPRAR, l’anno scorso erano solo 10. Offerta Sociale su mandato dei Sindaci, inoltre, si è candidata per ampliare i progetti di accoglienza rivolti a minori non accompagnati. Al momento a Vimercate risiedono anche due donne e due bambini. Il problema è che il progetto SPRAR, che è di per sè un servizio efficace e favorisce l’integrazione, risulta costoso non solo in termini economici. Chi non riesce a partecipare allo SPRAR resta nei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria). A Vimercate i richiedenti asilo accolti nei CAS sono 35. Grazie alla rete RTI Bonvena, alla Cooperativa Aeris e al Consorzio CS&L (enti quest’ultimi che aderiscono a Bonvena n.d.r) e alla collaborazione con Associazioni, Caritas, Parrocchie siamo riusciti ad accogliere e ad inserire sempre più nel tessuto sociale questi ragazzi. I richiedenti asilo sono stati alloggiati in appartamenti raggruppati in piccoli nuclei.
Ci sono state tensioni nei condomini?
Solo occasionali e comunque fisiologiche, problemi di normale convivenza, facilmente superabili. Dicevo, lo sforzo è quello di governare l’accoglienza e di farlo insieme con un forte spirito di collaborazione. Per avere efficacia occorre strutturare i progetti. Infatti i richiedenti frequentano corsi di italiano, partecipano ad attività di volontariato, sono presenti ad eventi. Il punto debole si verifica quando ad alcuni di questi ragazzi viene negato l’asilo. E’ necessario ripensare ed approfondire la tematica del post-SPRAR. Credo che il Fondo Hope di RTI Bonvena sia un ottimo intervento in grado di supplire al vuoto provocato dal diniego della richiesta di asilo. Il Fondo Hope concede infatti, a chi ha ricevuto il diniego, una somma per affrontare nell’immediato la situazione di “irregolarità”: ad esempio per acquistare un biglietto e raggiungere amici o familiari in altra nazione; n.d.r.)
Si parla di concentrare i cosiddetti clandestini (e quindi anche coloro ai quali non sarà riconosciuto lo stato di rifugiato) in appositi centri di detenzione per poi rimpatriarli.
No, i centri, se ci saranno, avranno natura temporanea e serviranno per effettuare identificazioni, normali controlli sanitari, valutazioni dei singoli casi.
In sostanza il modello centrato sulla collaborazione e sull’accoglienza diffusa funziona?
Si, ha dato buoni frutti. Penso che sarebbe stato molto peggio lasciare per le strade questi ragazzi senza nessun tipo di accompagnamento o di assistenza. Possiamo senz’altro migliorare. Ad esempio favorire l’accoglienza familiare. Anche se diffusa, l’accoglienza di uomini soli, nella stessa abitazione non sempre rappresenta la migliore soluzione. Convivere con i propri familiari avrebbe tutt’altro significato. L’importante è diversificare le forme di accoglienza: adulti, minori, famiglie.
Come hanno reagito i cittadini di Vimercate?
Ritengo tutto sommato bene. Non abbiamo ricevuto contro indicazioni. Stiamo mettendo a punto un programma di sensibilizzazione con le scuole e con i cittadini. La conoscenza allontana timori e paure. A Vimercate ci sono 26.600 residenti. Come vedi la clausola di salvaguardia (2,5 profughi ogni 1000 abitanti) è ampiamente rispettata.
E l’obiezione: “favorite più gli stranieri che gli italiani …”?
Dal mio osservatorio percepisco che questa frase, simbolo di tanti disagi, sia frutto di disinformazione e di difficoltà da parte di alcuni cittadini di chiedere aiuto alle istituzioni. E’ vero le risorse sono limitate, ma gli strumenti esistono. La crisi, cominciata dal 2009, è ancora attiva e diffonde ancorai suoi effetti. Alcune categorie di persone, parlo di quelle fra i 55 e 60 anni con scarsi livelli di istruzione (licenza media), sono più vulnerabili. Prima della crisi alcune di queste persone appartenevano al ceto medio. Poi nel corso degli anni si sono impoveriti, hanno perso il lavoro storico, non hanno potuto pagare le rate del mutuo, hanno subito pignoramenti. Ma per cultura, educazione e dignità hanno preferito evitare di bussare alla porte delle istituzioni. Sono persone che, spesso, non sanno neppure dell’esistenza dell’ISEE (strumento fondamentale per l’accesso al welfare). Al contrario gli stranieri sia per cultura sia per spirito di adattamento imparano subito a destreggiarsi nei sentieri del welfare.
Servirebbe un reddito di cittadinanza?
Abbiamo il REI (Reddito di inclusione) recentemente approvato dal governo Gentiloni. Però è insufficiente, occorrerebbe aumentare il contributo. Come si fa a vincere la povertà con 150 euro al mese? Inoltre non abbiamo efficaci strumenti di controllo e monitoraggio dei progetti. Servono vere e proprie reti di agenzie per il lavoro in modo da accompagnare con itinerari formativi e di riqualificazione i 40enni che hanno perso il lavoro. Sostenere le start up e le vocazioni imprenditoriali. Ad esempio a Torino esiste un organismo che si occupa di far crescere le piccole start up: ricordo un gruppo di fisoterapisti che ha dato vita ad un’impresa che offre servizi a chiamata e a domicilio per gli anziani. A Vimercate abbiamo attivato il fondo città solidale per il lavoro che offre delle borse lavoro e opportunità di reinserimento lavorativo. Servono risorse sia economiche sia di intelligenza in modo da fronteggiare le diverse situazioni di disagio e le povertà nelle loro diverse sfaccettature: Dare a tutti lo stesso aiuto forse non sarebbe così equo. Analizzare il caso specifico, potenziare gli interventi sulle persone che hanno buone potenzialità per uscire dalla loro situazione di disagio e considerare che esistono casi cronicamente impossibilitati ad emanciparsi da una tale situazione e per i quali le istituzioni dovranno prevedere degli investimenti di lungo periodo.
Hai mai avuto timore, qualche preoccupazione riguardo alle possibili reazioni dell’opinione pubblica e che alcuni giornali soffiassero sul fuoco delle paure?
No direi di no. Vimercate è una città accogliente. Sono dell’idea che sia meglio accogliere, governare l’accoglienza con progetti strutturati. E’ questo ciò che chiedono i cittadini. I numeri, poi, dicono di stare tranquilli, non c’è nessuna invasione.
Il report completo è scaricabile dal seguente link
VI REPORT_RTI BONVENA 20 giugno 2018