Sono uomini, donne, bambini. Ognuno ha un nome: Kebrat, Jasmine, Favour, Omar, Mustafa… Li vede arrivare tutti, e si prende cura di tutti. Uno per uno. Uomini, donne, bambini. In 25 anni a Lampedusa ne sono sbarcati circa 300mila, ma per Pietro Bartolo, medico dell’isola, non sono né migranti né profughi, tantomeno numeri. Sono persone. «Speciali», dice. Lo ripete ogni volta che racconta il suo lavoro e quello che accade ogni giorno a Lampedusa, la piccola isola abbracciata dal Mediterraneo che accoglie tutti. «Perché i lampedusani sono un popolo di pescatori e tutto ciò che arriva dal mare è vita», spiega.
La speranza del dottor Bartolo è che lo spirito di Lampedusa possa contaminare il mondo. Quello che accade qui – gli sbarchi, i salvataggi, i naufragi, la vita e la morte – accade ogni giorno, anche quando le telecamere sono da un’altra parte, e le televisioni e i giornali parlano di altro.
«Spero che questo messaggio arrivi anche qua. Ma guardate, guardate quanta gente è qui stasera». La grande sala della Casa del Volontariato di via Correggio non è riuscita a contenere tutti. È stata l’ultima tappa della seconda visita brianzola di Pietro Bartolo, che ha concluso due giorni di incontri e di racconti che hanno rinforzato il legame tra Lampedusa e la Brianza.
Un percorso iniziato cinque mesi fa in occasione dell’arrivo della Croce di Lampedusa a Monza, organizzato dalla Caritas, e proseguito giovedì 27 e venerdì 28 ottobre tra Seveso, Solaro, Seregno e Monza, grazie alla collaborazione tra l’associazione Senza Confini e RTI Bonvena.
«Il messaggio che deve arrivare è che sono persone normali, non sono alieni, ed è un nostro dovere accoglierle perché se sono scappate dai loro Paesi, forse la responsabilità è anche nostra – ha sottolineato Bartolo – Bisogna convincere chi ha pregiudizi: se riusciamo a convincerne uno, abbiamo fatto tanto». Il messaggio che c’è in “Fuocoammare”, il docufilm di Gianfranco Rosi che è riuscito a raccontare quello che succede a Lampedusa ogni giorno, vincendo l’Orso d’Oro di Berlino e ottenendo la candidatura agli Oscar.
Il ritorno del medico di Lampedusa in Brianza è stata anche l’occasione per parlare del lavoro svolto da RTI Bonvena – rete costituita da più di una ventina fra associazioni, cooperative, enti ed imprese sociali impegnate nell’accoglienza richiedenti asilo in Brianza – e far conoscere il Fondo di Solidarietà Hope, fondo che mette a disposizione risorse e promuove azioni non richieste dal bando ministeriale, ma fondamentali per dare una seria e concreta opportunità di integrazione: sviluppare attività di formazione e inserimento, implementare e rinforzare progetti di autonomia e responsabilità dei migranti. Il fondo è alimentato da tutti i partner del progetto “Emergenza richiedenti asilo 2014” e da RTI Bonvena, ma può essere sostenuto anche da donazioni private attraverso un bonifico:
FONDO DI SOLIDARIETÁ HOPE
IBAN IT 76 E 03359016001 00000131006
Banca Prossima
Due giorni di incontri e racconti che hanno preso il via giovedì pomeriggio a Seveso, presso Villa Dho. Venerdì, in mattinata, all’interno del Bosco dei Giusti di Solaro è stato piantato un albero dedicato a Pietro Bartolo e nel pomeriggio, a Seregno, presso il Centro don Orione il medico di Lampedusa ha incontrato i richiedenti asilo che lì sono ospitati e i rappresentanti delle associazioni seregnesi che compongono la Tavola Migranti.
Sempre al don Orione di Seregno Pietro Bartolo ha visitato la Porta del Dialogo, l’installazione dell’artista Enzo Biffi giunta a Seregno dopo aver transitano a Monza in diversi e significativi luoghi della vita sociale della città. Poi l’incontro con i medici del San Gerardo e infine, in serata, l’aperitivo a favore del Fondo di Solidarietà Hope e l’incontro alla Casa del volontariato.
Silvia Tosetti
Fotografie di Giovanna Monguzzi