Salvare Venezia: un imperativo categorico, ma solo per alcuni

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I ponti, le calli, i campi e i campielli e, ancora chiese, palazzi, case (qua le chiamano Ca’) dal bizantino al barocco, firmati dai migliori architetti. Musei in quantità, fondazioni culturali tra le  migliori: Venezia è la città dell’utopia urbanistica, la città dei romantici, un luogo di  assoluta bellezza e fascino.


La Serenissima e la sua Laguna sono da quasi trent’anni, dal 1989, parte della lista  dei siti  Unesco, Patrimonio dell’Umanità. Certo, l’agenzia delle Nazioni Unite non ha fatto fatica a certificare sei lustri fa questo status. Un’etichetta importante che aggiunge, però, poco alla sua magnificenza, che poco serve a proteggerla.


Non che questo compito sia affidato all’Onu quale istituzione, forse solo da un punto di vista etico. Ma il resto dell’umanità, veneziani e italiani in primis,noi compresi, dovrebbero, dobbiamo, rimanere sbalorditi per l’incuria, la cattiva gestione, per il comportamento di alcuni suoi abitanti e, soprattutto, di alcuni dei suoi amministratori del passato e del presente.

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Tutte vicende complicate, ma negli ultimi vent’anni, Venezia  ha subito molti torti, è stata alla mercé di interessi  veramente poco nobili!

Prendiamo il MOSE, opera di ingegneria ancora incompleta che dovrebbe difendere la città dall’acqua alta. Se ne parla dal 1975, i lavori iniziarono nel 2003, dodici anni fa. Nel giugno dell’anno scorso, lo scandalo. In manette finirono 35 persone, 100 furono gli indagati fra politici e funzionari. Il sindaco  Giorgio Orsoni e l’ex Governatore della Regione Veneto, Giancarlo Galan, furono travolti dall’inchiesta. Solo pochi giorni fa,  un cassone si è rotto, i danni ammontano a 10 milioni di euro e allungheranno ovviamente  i tempi di completamento, oltre che a far lievitare i costi! Ma poi serve veramente il MOSE?


Massimo Cacciari, filosofo e politico di razza, nonché sindaco per due mandati, si è battuto per vent’anni a contro la  cattiva gestione dell’intera pratica del MOSE. Inascoltato a Roma come a Venezia. Un’opera che avrebbe dovuto tutelare Venezia coma la Laguna Veneta. In Olanda, per esempio, un progetto del genere è stato realizzato e ultimato in pochi anni!


E poi, vogliamo parlare di che cosa è diventata la città invasa da migliaia e migliaia di turisti ogni giorno? Venezia specula su di loro offrendo servizi di qualità davvero molto bassa. Si pensi solo al numero dei gabinetti pubblici, ai costi per mangiare e per dormire, una città del superlusso legata alla sua superbellezza, ma di sicuro poco ospitale per chi non ha montagne di denaro alle spalle.

Fotografia di Gianni Berengo Gardin
Fotografia di Gianni Berengo Gardin

E come non parlare, poi, di Venezia tappa privilegiata dalle società di navigazione, con i loro transatlantici a sette piani a cui non è stato ancora proibito il transito in una parte del Canal Grande! Forse si attende un nuovo Schettino al comando di una di queste navi. E la mobilitazione dell’opinione pubblica, nonché  di una parte di veneziani non è servita, almeno fino a oggi, a molto.


Nelle bellissime fotografie di Gianni Berengo Gardin appare proprio tutta la mostruosità di questa concessione ancora garantita alle compagnie di navigazione. Immagini che fanno paura pensando a che cosa potrebbe accadere. E allora il sindaco attuale, Luigi Brugnaro, ha pensato bene di censurarle, bloccando  la mostra .”Le foto di Berengo Gardin. danneggiano l’immagine di Venezia” ha commentato dopo aver impedito la rassegna.


Gli scatti di uno dei migliori maestri della fotografia italiana  visualizzano la mostruosità, rimandano ai possibili danni che potrebbero esserci al patrimonio architettonico. Non sono certo le foto a danneggiarla, sono le navi che passano a pochi metri da piazza San Marco a rappresentare un pericolo per Venezia.


Del resto al primo cittadino  della Serenissima piace anche il terribile Cubo, ovvero il raddoppiamento dell’Hotel Santa Chiara consentito dall’amministrazione pubblica. Una costruzione che ha fatto inorridire illustri storici, architetti, intellettuali. E anche lì: la Soprintendenza e il Sovrintendente dov’erano? Perché non hanno protetto Venezia?

Daniela Annaro

© fotografie di Stefania Sangalli

 

 

 

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