Salviamo Palmira la regina del deserto

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E’ la Regina del deserto, duemila e passi anni di storia la rendono unica, tanto che dal 1980 è divenuta patrimonio dell’umanità.
Palmira, a 200 chilometri dalla capitale siriana, Damasco, vive la tragedia della guerra. Nel maggio scorso le truppe nere del cosiddetto stato islamico hanno issato i loro vessilli sul Museo Archeologico che dal 1961 conserva migliaia di pezzi , sculture dell’arte romana del II e III secolo dopo Cristo, e sul Tempio di Bel, uno dei massimi esempi di architettura religiosa d’Oriente nel mondo.

Le ultime notizie dicono che l’esercito regolare siriano, appoggiato dai volontari antiisis, stanno combattendo in quelle zone-speriamo con successo -nel tentativo di proteggere le splendide rovine romane dai terroristi neri agli ordini del califfo.

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L’entrata degli incappucciati nel vicino abitato di Palmira ha già portato morte e distruzione. Lo abbiamo visto, chi ha voluto, negli orribili video del ‘Is con il solito rituale, ai piedi del più importante tempio romano di Palmira.
I portavoce degli incappucciati neri ha fatto sapere che avrebbe salvato il sito archeologico, ma la la loro furia iconoclasta non avrebbe rispettato gli idoli delle altre religioni. E haanno fatto sapere che avrebbero istituito un ministero per le Antichità che dovrebbe gestire i soldi delle vendite dei preziosi reperti scoperti negli scavi clandestini autorizzati , anzi promossi, dal autoproclamato califfo.
Dalla città occupata arrivano notizie di saccheggi del Museo archeologico – o almeno del poco che era rimasto , era stato svuotato precedentemente dalle autorità di Damasco – comunque fonti locali parlano della distruzione del Leone di Parlmira, statua della dea Allat del pantheon arabo pre – Maometto.

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Quello che fa molta impressione è che nessuna autorità europea, ma anche internazionale abbia mosso un dito, denunciato la gravità della situazione siriana. Dall’agenzia internazionale per il patrimonio artistico delle Nazioni Unite è arrivata, a nostro parere, solo una debole voce di lagnanze… Certo la situazione di guerra in Siria è complessa, ma questo non assolve nessuno.
Per ora, solo intellettuali , organizzazioni non governative, con coraggiosi giornalisti e soprattutto straordinari missionari come, per esempio, padre Paolo Dall’Oglio, rapito a Raqqa il 29 luglio 2013 ancora in mano a bande di malfattori siriani, si sono mossi. ” Un’inerzia senza scusanti ” ha scritto Luciano Canfora, filologo classico, storico e saggista.

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La storia di Palmira è avvicente. E ‘ una realtà antichissima. Di Palmira parla anche l’Antico Testamento. Era un nodo cruciale che collegava Mesopotamia, Golfo Persico e Mediterraneo, fondata nel III secolo avanti Cristo da Seleuco I, dopo la morte di Alessandro Magno. Di lì passavano le carovane che trasportavano uomini e merci. Divenne presto il più importante centro carovaniero dell’Impero Romano. Nel 41 a. C. le truppe guidate da Antonio la saccheggiarono. Adriano, l’imperatore, la visitò nel 129 d. C. e se ne innamorò al punto di chiamarla Palmira Hadriana.

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Nel III secolo dopo Cristo, al centro della sua storia c’é la bellissima regina Septimia Zenobia che si dichiarava discendente di Cleopatra, ma era figlia di un commerciante.
Fece molto per il suo paese. Tanto che illustri letterati come Petrarca e Boccaccio ne raccontarono le gesta. Tanto da affascinare , in tempi più vicini a noi, anche Gioacchino Rossini. Di lei si hanno poche notizie certe, conosciamo le volontà conquistatrici, immaginava la creazione di un nuovo impero siriano.

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Insomma un passato glorioso, ne sono ampia dimostrazione le vestigia romane. Un sito unico. Nel Settecento, i viaggiatori europei, inglesi e tedeschi soprattutto, lo consideravano più affascinante di Atene e di Roma.
Gli uomini potenti oggi, al contrario, non sentono il bisogno di occuparsene e di tutelarla. Con poche pochissime eccezioni.
Qualche giorno fa, “La Stampa” attraverso il suo corrispondente da Gerusalemme, Maurizio Molinari, annunciava una “task force di archeologi per salvare i tesori dell’Antichità dalle devastazioni del Califfo”, un progetto voluto da Sua Maestà la Regina Elisabetta II. Una squadra di specialisti da inviare sul campo in Iraq e in Siria addestrati da istruttori dei corpi speciali col fine di ” operare assieme ai colleghi del posto per tutelare opere d’arte e metterle al sicuro”. I militari inglesi addestreranno gli archeologi a far uso di mezzi sofisticati ed armi per coordinare interventi e trasporti. Un progetto che vedrà impegnati studiosi del British Museum , dei musei di Bassora, Baghdad e Sulaymaniyah. Una squadra di Indiana Jones, più o meno. Una battaglia che speriamo riesca a far vincere l’umanità contro i miliziani neri del cosiddetto Stato Islamico. Secondo l’Unesco, i terroristi avrebbero già distrutto circa il venti per cento dei diecimila siti archeologici iracheni.

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E ora, l’intervento militare della Turchia, appoggiato dagli USA, contro  l’Is creerà una sorta di “stato cuscinetto”, una zona di interdizione anti-califfo  che garantirà  agli americani di utilizzare le basi turche per  sferrare nuovi attacchi coi droni  sui  territori occupati dalle milizie di Al Baghdadi. Un “cuscinetto” lunga circa centodieci  chilometri, al nord della Siria, zona  franca che dovrebbe  ospitare  due milioni di profughi siriani. Un intervento  militare a protezione della Turchia e dei suoi confini che  secondo  alcuni specialisti,  come, per esempio, Steven Cook del “Council On Foreign Relations”, avrà un effetto molto limitato contro il califfato.heni.

Daniela Annaro

fotografie di Margot Errera

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