di Daniela Annaro
Oggi ricordiamo una figura centrale nella storia dell’arte rinascimentale: Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi, meglio noto come Sandro Botticelli.
Nasce a Firenze il 1 marzo del 1445 e lì muore il 17 maggio del 1510. Di famiglia semplice, ma non povera, il babbo è un commerciante di pelli, il fratello Antonio è un orefice, ha una sua bottega e qui, presumibilmente, Alessandro muove i primi passi come aspirante artista. Il nome Botticelli sembra essere collegato a un altro fratello, Giovanni, funzionario pubblico.
E’ Filippo Lippi il maestro che forma il giovane Sandro. Un legame professionale forte e un’eredità che Botticelli elabora frequentando altri importanti pittori come Antonio del Pollaiolo e Andrea del Verrocchio.
Gli anni giovanili lo vedono impegnato nella realizzazione di bellissime Madonne col Bambino. Nel 1469, appena ventiquattrenne, ha una sua bottega e la prima importante commissione pubblica:la Spalliera allegorica voluta dal Tribunale della Mercanzia di Firenze. Sandro dipinge la “Fortezza”.
Negli anni Settanta del Quattrocento, Firenze è una città vitale e intellettualmente ricca. L’Accademia dei Neoplatonici con il filosofo Marsilio Ficino e il letterato Agnolo Poliziano sono le figure preminenti.
Animano la corte dei Medici e decretano in ampia misura gusto e modalità pittoriche di maestri come Botticelli. E’ come se muovessero il pennello di Sandro non perché lui sia solo un semplice esecutore, ma per il carisma e la forza del loro scrivere e pensare.
Così nascono le opere più note di Sandro Botticelli: “Primavera “ e “Nascita di Venere”.
Tempere su tela ricchissime di significati e riferimenti letterari che spaziano da Ovidio a Poliziano, opere che decretano il successo e lo portano alla corte papale di Sisto IV.
Sandro con gli aiuti della sua bottega affresca le “Prove di Mosè”, le “ Prove di Cristo” e le “Punizioni dei ribelli” all’interno della Cappella Sistina. E’ il 1480 quando Botticelli va a Roma, due anni dopo muore il padre e rientra a Firenze da dove non si muoverà più fino alla morte.
Sono gli anni in cui la corte medicea vive gli ultimi fulgori e mostra i primi evidenti limiti. Le dure predicazioni di Girolamo Savonarola scatenano nel maestro fiorentino dubbi e ripensamenti . Botticelli ha una profonda crisi mistica, le sue linee dolci e arrotondate diventano dure e spezzettate, esprimono dolore e pietà, rinnegano temi profani, ritrovano argomenti sacri.
Le opere ora hanno titoli come “Compianto sul Cristo morto”, ”Crocifissione”, “La derelitta”.
Una denuncia per sodomia e la comparsa sulla scena artistica fiorentina di giovani pittori quali Leonardo e Michelangelo oscurano la sua fama e ne annunciano il declino.
Solo Filippino Lippi, figlio di Filippo, il suo primo vero maestro, condivide l’ irrequietezza spirituale e ne prosegue la strada.