Sant’Ambrogio, principe della chiesa

di Daniela Annaro – foto e video di Giovanna Monguzzi e Stefania Sangalli

Nel IV secolo, al tempo del vescovo Ambrogio  si chiamava Basilica Martyrum, perché nella zona di Porta Vercellina, all’altezza dell’attuale Caserma Garibaldi, c’era un cimitero romano. Ed è lì che Ambrogio trova i corpi dei fratelli  Gervaso e Protaso, martiri cristiani, patroni insieme a lui di Milano. Ed è accanto al sacello di S. Vittore in Ciel d’Oro che viene eretta la Basilica che, alla sua morte nel 397, prenderà il nome del fondatore : Sant’Ambrogio. E’ una delle più antiche chiese di Milano.  La Basilica  è un capolavoro dell’architettura romanica lombarda, ma soprattutto rappresenta un caposaldo per la chiesa, determinante per la storia della città.

Sant’Ambrogio è uno dei primi dottori della Chiesa cristiana, insieme a San Girolamo, Sant’Agostino, papa Gregorio I e già questo racconta del suo spessore intellettuale e umano. Aurelio Ambrogio nasce a Treviri, allora nella Gallia romana non si sa se nel 339 o nel 340, terzogenito, con Marcellina e Uranio  Satiro, di un prefetto del pretorio. Seguendo le orme del padre studia a Roma  divenendo un importante funzionario pubblico imperiale. La sua vita è narrata sul fronte verso l’abside del sontuoso Altare d’oro. 

 

Un’arca lignea (qui sopra) del IX secolo rivestita di lamine d’oro e d’argento, smalti e pietre preziose. Fu il monaco e orefice Volvino a realizzarlo per volere dell’arcivescovo Angilberto II. Siamo nell’ 840. Dieci versi in latino spiegano il valore intrinseco dell’altare al di là della  sua preziosità: conteneva i corpi di sant’Ambrogio e dei santi Gervaso e Protaso, reliquie  sistemate in un’urna d’argento nella cripta sul finire del XIX secolo.

 

Ambrogio non voleva diventare vescovo. Esercitava funzioni pubbliche, era governatore della Lombardia, come vi abbiamo raccontato in un nostro articolo 

E’ stato il popolo ad acclamarlo vescovo  su richiesta dell’Imperatore Valentiniano, in quel tempo Milano era capitale dell’Impero romano. E Ambrogio seppe ripagare ampiamente la fiducia che gli era stata accordata: amò intensamente i poveri  e a loro donò tutti i suoi averi, aiutato dai fratelli maggiori Santa Marcellina e San Satiro, le cui spoglie ritroviamo qui in basilica nelle cappelle laterali a destra della navata centrale.

Tra la fine del IX  e la metà del XII secolo prende forma, nelle sue linee essenziali il corpo della chiesa come la vediamo oggi,compresa la costruzione dei due campanili, quello dei Monaci e quello dei Canonici , frutto di un lungo dissidio fra le due comunità religiose.

Ma il suo aspetto definitivo è chiaramente segnato  da una serie di interventi operati nel corso degli oltre milleseicento anni di vita. Una storia complessa, dunque, documentata dalle testimonianze delle opere conservate nell’edificio sacro e nell’annesso Museo, dove tutto  parla e  riconduce alla grandezza di Sant’Ambrogio e al suo operato. Dall’abside, con le storie del miracolo dell’ubiquità di Ambrogio ai piedi del Cristo Pantocratore, al sarcofago di Stilicone, posizionato sotto il pulpito. Dal ciborio  nel presbiterio con gli stucchi del IX secolo alle due storie dei Santi Vittore e Satiro, affrescate da Giambattista Tiepolo  e oggi esposte nella seconda cappella della navata destra.

 

 

 

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