di Marco Riboldi
Due giganti del pensiero cristiano (e non solo).
Sant’ Agostino (santo di agosto, si festeggia il 28/8) nacque nel 354 nella attuale Algeria, figlio di una famiglia benestante, di padre pagano e madre cristiana (S. Monica), visse una giovinezza piuttosto disordinata, da lui descritta nella prima parte del suo libro più celebre “Le confessioni”.
Quando cominciò un serio programma di studi divenne in breve un apprezzato insegnante, ma il suo interesse si volse in breve alla filosofia, avvicinandolo ad una setta ereticale (i manichei) da cui poi si allontanò deluso.
Nel 383 partì per l’Italia, dove fece numerose esperienze di studio e di insegnamento, che lo portarono, pur tra molti dubbi interiori, all’incontro, decisivo, con il vescovo di Milano, Sant’Ambrogio e alla definitiva conversione al cattolicesimo, dopo un non breve soggiorno a Cassiciacum (oggi identificato con Cassago Brianza, nel lecchese).
Fece poi ritorno a Tagaste, sua città natale, dove iniziò la vita religiosa, in una comunità di amici. In tale situazione accettò, dopo molta riflessione, la ordinazione sacerdotale. Nonostante la sua riluttanza, venne poi nominato vescovo di Ippona, incarico che mantenne fino alla morte, lottando contro tutte le eresie e scrivendo un numero notevolissimo di opere filosofiche e teologiche.
Impossibile tentare di riassumere qui il pensiero di Agostino.
Mi limito ad una osservazione, chiedendo perdono a chi, conoscendo il pensiero del grande vescovo, troverà superficiale quanto vado scrivendo.
Di ispirazione neoplatonica, S.Agostino sviluppa la sua riflessione a partire dalla esperienza interiore della persona.
In lui il principio ispiratore della verità è la relazione che si instaura tra l’intimità della persona e la verità, che a poco a poco si svela come l’incontro con il Cristo. Se un filosofo (di ispirazione aristotelica) come S. Tommaso pone all’inizio del suo cammino la domanda “se Dio esista” e chiede alla ragione umana di illuminare la questione, S. Agostino parte dalla esperienza del sé e della propria limitatezza e del sentirsi interpellato da una verità più alta.
Si tratta cioè di una scoperta intima della coscienza, dell’ “uomo interiore” che si ritrova e scopre il suo cammino verso Dio.
Mi sembra che in questo Agostino sia molto vicino alla sensibilità moderna: abbiamo più confidenza con il nostro “sentire l’esperienza interiore” che non con altri strumenti di analisi.
Certo, poi la ragione è lo strumento che sa elaborare e continuare l’opera: non ci si può certo fermare (né Agostino lo giustificherebbe) ad un adolescenziale “sentire”.
Ma la capacità di scrutare profondamente dentro la propria interiorità per un incontro con la verità di sé, degli altri e della realtà costituisce un insegnamento non da poco.
La fede conduce poi a compimento, facendo incontrare la Realtà Suprema.
In attesa dunque di festeggiare S. Agostino, passiamo a S.Bonaventura da Bagnoregio (che si festeggia il 15 luglio).
Non si può evitare di dire che il paesino d’origine (Civita di Bagnoregio) è un delizioso borgo medievale situato in una valle di calanchi in provincia di Viterbo, raggiungibile solo a piedi attraverso un ponte pedonale (in cemento armato) e che vale sicuramente una visita.
San Bonaventura nacque attorno al 1220 e dedicò la sua vita agli studi filosofici-teologici e all’ordine francescano, di cui faceva parte.
Diventato docente, alternò la sua attività di studioso con incarichi sempre più rilevanti nel suo ordine, di cui infine divenne Ministro generale nel 1257.
Si impegnò a lungo in un lavoro di organizzazione dei francescani, sia per rintuzzare alcune tendenze mondane, sia per evitare che alcune idee spirituali anche apprezzabili finissero per essere controproducenti. Riformò le costituzioni dell’ordine e redasse la nuova biografia di San Francesco che, intitolata “Legenda maior” diventerà la ufficiale ricostruzione della vita del santo di Assisi.
Rifiutati alcuni prestigiosi incarichi vescovili, verrà infine creato cardinale e contribuirà allo svolgimento del Concilio di Lione nel corso del quale morirà, nel 1274.
Il suo pensiero è in linea con quello agostiniano, con una forte accentuazione spirituale a mistica.
Il raggiungimento della verità passa dal riconoscimento che la parzialità del sapere umano può essere nobilitata solo dalla accettazione di un cammino della mente che si lasci illuminare dalla fede e dalla rivelazione.
Tale “Itinerarium mentis in Deum” (titolo della sua opera più celebre) parte dalla riflessione più esteriore, ma può giungere a compimento solo se, passando attraverso quella dimensione interiore che già Agostino aveva esaltato, arriva a farsi illuminare dalla Rivelazione, che ci apre al Primo principio, cioé Dio e la sua Verità.
In ultima analisi, il sapere è contemplazione, accostamento mistico a Dio e illuminazione che noi riceviamo da Lui: tale illuminazione sarà anche in grado di guidare poi compimento pratico del bene.
S. Bonaventura è in qualche modo all’origine della tradizione dei pensatori francescani, i quali costituiscono un filone tra i più importanti del pensiero cattolico.
Sia i suoi testi che quelli di Agostino, anche se non sempre di agevole lettura, stanno tra quelli che hanno costruito la cultura europea: a loro dobbiamo gratitudine per essere quel che siamo.