Sarà l’intelligenza artificiale a curarci?

di Roberto Dominici

Immaginiamo che nel nostro Servizio Sanitario nazionale  (SSN) esista un sistema speciale di intelligenza artificiale (artificial intelligence AI)  che, raccogliendo  i dati provenienti da tutte le parti del nostro territorio, individuasse sul nascere un’emergenza sanitaria, un sistema di biosorveglianza che permetta di analizzare questi dati e fare in tempo reale l’analisi predittiva, nell’ambito della pandemia da Covid-19, basandosi sulla gestione dei tamponi, il tracciamento dei positivi,  dei reagenti necessari e dei dispositivi di protezione individuali (DPI).

L’Analisi predittiva consiste nell’utilizzare dati, algoritmi statistici e tecniche di apprendimento automatico (machine learning) per analizzare fatti storici e attuali e fornire predizioni sul futuro o su eventi sconosciuti. 

Un sistema di questo tipo sarebbe in grado di prevenire e agire rapidamente di fronte ad una emergenza-urgenza. Nel piano strategico operativo-nazionale del Ministero della Salute, relativo alla preparazione e alla risposta ad una pandemia influenzale (pan-flu) 2021-2023 è scritto che: “occorre fare tesoro delle lezioni precedenti e non sbagliare le nostre previsioni e valutazioni”  sugli scenari che emergono.

Si tratta di un avanzamento dell’utilizzo di tecnologie nell’ambito dei servizi sociosanitari, strumenti e flussi informatizzati, telemedicina e teleassistenza. Nel documento si raccomanda di disporre di capacità di analisi di sequenza adeguate, personale specializzato e strumentazioni ad elevata processazione,  trasmissione e produzione rapida dei dati utili per pianificare appropriate misure e interventi sul territorio nazionale. In una parola un efficace sistema ecodigitale.

Allo stato attuale tutto ciò è ancora in una fase potenziale e non è una realtà operativa. Se potessimo già ora avere un sistema così predisposto,  la risposta alla pandemia funzionerebbe nel modo seguente: tutti i dati sanitari del Paese confluirebbero in un database nazionale in cui si incrociano e si mettono in relazione dati nazionali. Un sistema di IA (Intelligenza Artificiale) processerebbe questi ultimi in tempo reale, e se in una particolare area o regione si sta prescrivendo troppo lo stesso  farmaco o  in un’altra regione  o provincia si registra un aumento di ricoveri per la stessa malattia, l’IA rileverebbe subito questa anomalia, lancerebbe l’allarme e il sistema sanitario sarebbe in grado di reagire prontamente, in tempo quasi reale.

Usiamo il condizionale perché un tale sistema nazionale ancora non esiste. Il nuovo piano afferma che è necessario monitorare il rischio epidemico (diffusione, impatto, e resilienza) sul territorio nazionale con aggiornamenti settimanali e un dettaglio regionale, attraverso il controllo delle risorse disponibili per valutare in ogni momento i consumi e le scorte disponibili.

Al momento nel nostro Paese non esiste un database o standard nazionale di questo tipo. Se esistesse, l’IA riuscirebbe a estrarre da una rete nazionale di dati delle tendenze di una potenziale/possibile pandemia, indicando in anticipo i territori e i settori più esposti (scuola, lavoro, etc.) a sviluppare focolai, attuando in tal modo l’analisi predittiva richiesta dallo stesso piano pandemico.

Uno strumento utile per costruire nel nostro paese un modello sanitario nazionale connesso e condiviso è costituito dal fascicolo sanitario elettronico (FSE) che in Emilia Romagna funziona bene, e che permette di mettere in condivisione informazioni sia di carattere amministrativo (prescrizioni) che di tipo clinico (referti, diari clinici, diagnosi, analisi etc.) di ciascuno di noi.

Tutti questi dati risiedono in clouds e tutta la storia clinica è sempre disponibile nel fascicolo e accessibile da qualsiasi ospedale. Anche in Veneto esiste un sistema di bio-sorveglianza che funziona bene e che mette in rete i dati clinici relativi ai cittadini ed è accessibile ai medici di medicina generale. I dati trasmessi al database della Regione e suddivisi per aree vengono trasmessi a tutte le aziende sanitarie di competenza.

Il limite in Italia è ancora la mancanza del database nazionale e una raccolta standardizzata dei dati dovuto al fatto che il nostro SSN è un sistema frammentato in venti diversi sistemi regionali e le piattaforme digitali, quando funzionano, non sono in grado di comunicare o dialogare tra di loro.

Ricordo che il primo semestre di questo anno è il periodo cruciale per allocare gli investimenti del PNRR. In particolare ci sono importanti opportunità contenute nella Missione 6 di questo programma: declinare il PNRR in tutto il territorio nazionale anche nelle situazioni più difficili; sostenere reti di prossimità, digitalizzazione, telemedicina e digital transformation.

Grazie alla telemedicina e all’IA, un sistema di cure può avere più day Hospital e meno ricoveri e degenze. Gli esami effettuati da un cittadino possono essere trasmessi tramite delle APP, al centro di telemedicina come quello che si sta sperimentando a Bari. Il sistema utilizza una piattaforma di IA, con l’obiettivo di costruire per esempio una clinica  virtuale o ambulatorio specialistico dove tutti i pazienti possano ricevere il consulto da parte degli specialisti  più importanti in una particolare malattia.

Al Policlinico di Bari infatti è nata la rete telemielolab in cui i pazienti con il mieloma multiplo, un tumore del sangue, rimangono a casa. I medici di base svolgono il ruolo di collegamento con l’Ospedale dove il Laboratorio effettua esami e producono dati digitali che vengono interpretati e forniscono informazioni utili sullo stadio e l’evoluzione di malattia.

Il vantaggio della IA è di possedere una capacità di calcolo che gli umani non hanno anche se è l’uomo che imposta le operazioni. Insieme però sono in grado di controllare 32.000 geni per paziente e mettere in evidenza tutte le mutazioni.

Attraverso dei circuiti di reti neurali si capisce se un paziente sta peggiorando e pertanto solo quel paziente viene chiamato per ricevere le terapie necessarie.

Un passo in avanti nell’ambito della medicina di precisione con cui si intende il tentativo di personalizzare il più possibile prevenzione, diagnosi e cure in base al singolo paziente.

Dato che ogni persona è diversa dall’altra, diverso sarà anche il modo in cui reagisce alla propria patologia, sia dal punto di vista fisico che psicologico.

A completare il quadro intervengono poi i fattori esterni: ecco perché questa branca della medicina non si limita ad analizzare le caratteristiche fisiche del paziente, ma estende la propria indagine anche all’ambiente in cui il paziente è immerso e al tipo di vita che conduce. Solo integrando tra loro queste informazioni si possono dare caratteristiche uniche a patologie complesse, per poi diagnosticarle e curarle in maniera più mirata.

In pratica, la medicina di precisione si propone di trovare la terapia giusta al momento giusto. Nelle realtà ospedaliere del territorio brianzolo c’è da registrare l’avanzamento del progetto che sta sperimentando l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei percorsi clinico-strumentali delle strutture ospedaliere dell’ASST.

L’ospedale di Vimercate

La sperimentazione, avviata nel novembre scorso, è finalizzata “allo sviluppo di algoritmi, che consentano di definire modelli predittivi nel campo, ad esempio, delle malattie croniche e delle complicanze post operatorie. Si tratta di realizzare una piattaforma tecnologica in grado di leggere e interpretare l’enorme mole di dati acquisti durante l’intero percorso ospedaliero del paziente e conservato nella cartella clinica elettronica, strumento, quest’ultimo, che è stato introdotto a Vimercate (primo ospedale in Lombardia e tra i primi in Italia) a partire dal 2008.

L’innovazione ha comportato la completa digitalizzazione dei processi clinici e strumentali, la totale automazione del processo di farmacoterapia, dei parametri vitali e dei bisogni assistenziali del paziente, rendendo disponibile non solo una architettura software che agevola l’accesso sicuro e in tempo reale ai dati clinici del malato, ma anche una infrastruttura tecnologica che supporta gli specialisti direttamente al letto del degente.

Il progetto dell’ASST sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ospedale dovrebbe essere pienamente operativo nel corso del prossimo biennio. Tra le prime esperienze sperimentali si è implementato un modello predittivo in ambito diabetologico: l’obiettivo è individuare precocemente i pazienti a rischio, prevedere l’evoluzione della malattia e supportare i professionisti nella definizione della personalizzazione terapeutica, analizzando automaticamente le storie cliniche dei pazienti anche con il supporto della letteratura scientifica.

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