di Francesca Radaelli
“Sconfinati”. È questo il titolo della proposta che Caritas Ambrosiana presenterà a Fa’ la cosa giusta! 2016, la fiera milanese del consumo critico e degli stili di vita sostenibili in scena a Fieramilanocity dal 18 al 20 marzo. Lo stand Caritas sarà collocato nella sezione dedicata al Turismo consapevole e offrirà un viaggio davvero alternativo, la possibilità di ‘sconfinare’ per davvero.
Perché il tema sarà l’immigrazione, ma non ci sarà solo questo e non è un caso che il sito da cui trae nome l’iniziativa si definisca “solo apparentemente dedicato all’immigrazione”. Quello allestito da Caritas sarà infatti uno stand esperienziale, che sfiderà i visitatori a intraprendere un vero e proprio gioco di ruolo, in cui ciascuno sarà chiamato ad assumere l’identità di un migrante, uno di quelle migliaia di profughi che scappano dalla Siria, dalla Nigeria, dal Pakistan e da tutti quei paesi dove guerra, povertà o gli effetti dei cambiamenti climatici rendono impossibile la sopravvivenza. Riceveranno un passaporto con una nuova nazionalità. Con pochi soldi dovranno mercanteggiare con i trafficanti per assicurarsi un passaggio di fortuna. Saliranno tutti a bordo di una barca vera e, giunti all’approdo, faranno i conti con il destino: sapranno se il loro sogno potrà essere realizzato o se invece si infrangerà su un confine invalicabile. Il gioco di ruolo per i visitatori si concluderà proprio con la fine della storia del viaggiatore migrante che ciascuno ha impersonato per i 15 minuti del percorso. Sono le storie autentiche delle tante persone che sono passate nei centri Caritas e nelle parrocchie.
Un gioco, insomma. Ma solo in apparenza. Perché, come ricorda Caritas Ambrosiana, “dietro la finzione c’è la sofferenza stampata sui volti di persone vere che si vedono negare l’accoglienza perché provengono da Paesi come Gambia, Senegal, Nigeria o Ghana e dunque sono automaticamente considerati “non rifugiati” e pertanto non ammessi alla procedura d’asilo, a prescindere dai loro casi particolari e dalle personali storie di persecuzione”.
Chi dunque seguirà il percorso “Sconfinati”, potrà sperimentare nel corso di 15 intensi minuti un susseguirsi di situazioni e sentimenti che sconvolgono l’esistenza dei migranti: la costrizione a lasciare la propria terra, la precarietà di un viaggio per il quale non si hanno garanzie, la vulnerabilità di un approdo che spesso non riconosce la dignità dovuta a ogni essere umano.
Siamo tutti sulla stessa barca. È questo il messaggio che l’iniziativa vuole lanciare. Muri e steccati non servono. Ci salva insieme, o insieme si va a fondo. Però forse, per capirlo, c’è bisogno di salirci, sulla barca. Anche solo per finta.
Siamo pronti a farlo?
Francesca Radaelli
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