da Giannella Channel
Puglia 1241, alba di una giornata d’autunno. Siamo nel cuore del Tavoliere, la più grande pianura della penisola italica. Federico II di Svevia, una delle figure più affascinanti e prestigiose del Medioevo, è arrivato qui da alcune settimane, reduce da un’estate canicolare trascorsa in una villa di Tivoli in attesa di cogliere il momento propizio per dare il colpo di grazia al suo irriducibile nemico, Gregorio IX, che invece, quasi centenario, gli ha giocato l’estremo tiro, paradossale e grottesco allo stesso tempo.
Morendo ha infatti neutralizzato qualsiasi iniziativa dell’imperatore che sa di non poter infierire su una città in lutto per la morte del suo pontefice. Per questo il 47enne sovrano se ne è tornato in Puglia, negli ultimi anni il sempre più sicuro ricovero delle sue giornate amareggiate e stanche. Ha visitato borghi che hanno eretto castelli in suo onore (tra gli altri, Deliceto e Monte Sant’Angelo nel nord dell’attuale regione; Minervino Murge, Sannicandro di Bari e Ruvo al centro; Mesagne, porta del Salento).
Ha scelto, per un periodo di riposo, la masseria Castello, un gioiello architettonico nella foresta di Salpi (sulla costa adriatica tra Manfredonia e Barletta, dominata dall’alto da Castel del Monte), ricoperta di selve tra le più fitte del Meridione e impreziosita da antiche saline. In questo luogo di piacere l’imperatore ha affidato a due collaboratori del luogo, Nicola de Calcochuro e Matteo De Rosa, il compito di catturare i falconi nei nidi o con le reti, di allenare e addestrare i falchi alla caccia e di tenere in ordine la masseria. Gli ultimi animali arrivati sono due nuovi girifalchi d’Islanda avuti in dono dal re d’Inghilterra. È così soddisfatto del lavoro dei castellani che ha consegnato loro una pergamena con l’annuncio di un premio di produzione: a ognuno affida uno scudiero e due cavalli e la paga sarà aumentata a un’oncia e 15 tarì l’anno.
Nelle prime ore del mattino Federico ha fatto un bagno caldo tonificante seguito dall’abile massaggio del fido cameriere saraceno Abdullah. Ha indossato il mantello color porpora foderato di pelliccia e fatto sellare il suo cavallo preferito, Dragone, il baio purosangue che il gran maestro Giordano Ruffo ha scelto per lui nella scuderia imperiale. Nicola, il primo falconiere, s’avvicina al sovrano per fargli indossare il pesante guanto di cuoio su cui il secondo falconiere, Matteo, poggia rapido il suo falco preferito, Grifo, che si avvinghia alla presa con i suoi artigli adunchi e affilati. Un cappuccetto di pelle rossa, finemente ricamato con un labirintico intreccio di fili d’oro, ricopre la testa del rapace. Si parte, seguiti dalla fedele scorta. Destinazione Castel del Monte, edificio maestoso in via di completamento: il sovrano lo ha voluto in cima a una collina della vicina Murgia e l’architetto Riccardo da Lentini lo sta portando a termine con qualche difficoltà. I cavalli avanzano in un mare di vigneti e di grappoli d’uva.
Un primo tuono interrompe il sovrano. Superati i vigneti, si arriva al bosco dell’Ofantino: Federico zittisce tutti, in un silenzio irreale lascia andare il falco, dopo avergli tolto il cappuccio. L’uccello, con rapida corsa, ghermisce saldamente sul dorso uno splendido fagiano, trascinandolo a terra con una brusca virata. Un servo raccoglie la preda. Ma un’improvvisa pioggia, seguita da fulmini, induce a modificare il programma di marcia. Si punta al galoppo verso la foce dell’Ofanto e da lì verso il vicino castello di Barletta da dove anni prima Federico era partito per la sesta crociata. Lì ci sarà tempo per una serata ristoratrice, alla presenza di due invitati d’eccezione, lo scrittore-storico del posto, Renato Russo, privilegiato biografo al quale l’imperatore ha riservato il racconto dettagliato della sua vita, e l’illustratore Ro Marcenaro, chiamato a dare colori e suggestioni al paesaggio attraversato dall’imperatore.
Nell’atrio del castello della Puglia Imperiale, il sovrano si fa strada tra gli uomini di guardia. Il suo sguardo viene attratto dal cielo stellato che il buio della notte rende ancora più splendente. Il suo occhio viene distratto per un attimo dalla caduta di una stella.
Post scriptum: Castel Fiorentino sarà il luogo dove Federico II, durante una battuta di caccia, morirà il 13 dicembre 1250. Cade vittima di una infezione intestinale. Secondo il suo consigliere Guido Bonatti, invece, fu avvelenato.