Risale ai primi anni ’90 l’inizio di quella lunga battaglia per la sospensione della pena di morte che arriverà ad una conclusione solo nel 2007. I principali fautori furono fin dall’inizio le associazioni legate al Partito Radicale Transnazionale, prima fra tutte Nessuno Tocchi Caino Ong italiana il cui obiettivo è sempre stato la moratoria contro la pena di morte e la lotta contro la tortura.
Dopo la prima bocciatura del 1994 e sempre su iniziativa italiana, la Commissione Onu per i Diritti Umani ha presentato ogni anno una risoluzione per la moratoria sulla pena di morte, sostenuta da Amnesty International, dalla Comunità Sant’Egidio e non ultimo d Papa Paolo Giovanni II che in occasione del Giubileo del 2000 confermò il suo appoggio. Seguirono molteplici iniziative tra le quali la petizione presentata a Kofi Annan con la raccolta di 3,2 milioni di firme, tra le quali Elie Wiesel, il Dalai Lama, l’ Arcivescovo di Canterbury ed esponenti del Vaticano e del mondo politico. Nel 2007 fu il governo Prodi a ripresentare la mozione, che l’Assemblea generale delle Nazioni Uniti finalmente approvò il 18 dicembre di quell’anno.
E siccome di moratoria si tratta, che significa sospensione e non abolizione della pena di morte, ancora di questi tempi leggiamo sui giornali che per esempio in Pakistan, in seguito alle stragi dei talebani si è scelto di bloccare la moratoria sulle esecuzioni, in poche parole si ristabilisce la pena di morte che lì equivale all’impiccagione.
In conclusione lo Stato per punire un delitto, ne commette uno a sua volta.
Oltre duecentocinquant’anni fa, nel 1764 Cesare Beccaria nel famoso Dei delitti e delle pene scrisse: « Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio. »
Daniela Zanuso