di Elena Borravicchio
È questione di sguardi. Di occhi neri e profondi come il mare fondo, che quando ti catturano non ti mollano più. E di sorrisi, che si allargano e ti dicono “grazie mille” anche senza parole. La mostra fotografica “Sguardi”, presso la biblioteca del Carrobiolo di Monza, sabato 30 novembre e domenica 1 dicembre, racconta gli incontri con le persone della comunità di Sumbawanga, in Tanzania, colti dall’obiettivo di Giampaola Guido, volontaria dell’associazione “Grasiemille” (sito qui).
“Non abbiamo fatto mettere in posa nessuno – racconta Luciana Sala, pioniera dell’associazione, insieme al fratello Marco, al marito Livio Maggioni e al figlio Edoardo – Sono scatti che non siamo andare a cercare, sono capitati, semplicemente, durante il nostro ultimo viaggio, la scorsa estate”.
Così come è capitato in maniera fortuita, per non dire provvidenziale, il primo incontro tra questa famiglia e padre Leonard Teza, parroco di Sumbawanga. “Eravamo in vacanza in Liguria e sulla spiaggia vedevamo dei seminaristi che facevano giocare i bambini, abbiamo fatto amicizia e li abbiamo invitati a pranzo a casa. Poi ci siamo persi di vista ma quando Padre Leonard, circa 20 anni fa, è tornato in Italia per ragioni di salute ci ha cercati e da allora siamo sempre rimasti in contatto”. Un contatto che ha generato ottimi frutti.
Con i fondi raccolti dall’associazione Grasiemille si è potuto costruire un dispensario che dista 1200 km dalla capitale e che garantisce cure mediche gratuite agli abitanti del villaggio. Ora è in costruzione un reparto maternità, per il quale è in corso la campagna “adotta una culla”.
Le grandi associazioni umanitarie qui non arrivano: il villaggio è troppo difficile da raggiungere. Il lavoro è tutto in mano ai sacerdoti, che insegnano ai ragazzi dei mestieri e l’uso del computer, e alle suore, che fanno scuola ai bambini e corsi di cucito alle ragazze.
“Siamo stati per la prima volta a Sumbawanga nel 2017, poi nell’estate 2019 e contiamo di tornarci l’anno prossimo. È che “ci si ammala” di questa gente – dice Luciana sorridendo – che ti abbraccia come noi non sappiamo più fare, che ti fa capire che la vita è oggi! Quel niente che hanno lo dividono con te. In Africa non senti che sei viva, senti che esisti! Ti fanno sentire importante, sono felici per il solo fatto che tu sei lì”. E conclude: “L’amicizia con padre Leonard è servita tanto alla nostra famiglia: ci ha insegnato a tirare il freno a mano in questo nostro modo di vivere. Lui dice sempre che noi abbiamo l’orologio ma il tempo ce l’hanno gli africani, loro vivono la vita. Il suo esempio ci ha insegnato a ridimensionare tante cose. Un esempio: ormai da molti anni in famiglia rinunciamo ai regali di Natale per dare tutto a lui”.
Se vuoi contribuire al progetto “Addotta una culla”:
Codice Fiscale: 94061570159
IBAN: IT45R0521633950000000001968