di Fabrizio Annaro
Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il Superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016”?
Questo il quesito stampato sulla scheda elettorale che si troveranno fra le mani coloro che il 4 dicembre avranno deciso di andare alle urne e saranno chiamati ad esprimere il loro parere sulla riforma costituzionale voluta sostanzialmente dal governo e da una parte della maggioranza che lo appoggia.
Se vincono i Si
Cosa accede se vincono i SI? Premessa: questa volta non c’è quorum quindi il referendum è comunque valido. Se i SI prevarranno la riforma è approvata altrimenti tutto rimane come adesso. Nel caso i SI fossero la maggioranza il nostro sistema parlamentare si trasformerebbe in sistema monocamerale cioè una sola Camera, quella dei Deputati, che avrà il potere di scrivere le leggi, mentre il Senato diventerà l’organo di rappresentanza delle autonomie locali e sarà composto da 100 senatori non più eletti dal popolo. I 100 senatori saranno scelti dai Consigli Regionali (95) e 5 saranno di nomina presidenziale. Quindi, secondo la riforma, la Camera dei Deputati avrà il compito di legiferare, mentre il Senato potrà esprimere pareri sui testi di legge. La Camera potrà, però, ignorarne le proposte di modifica. La fiducia al governo sarà espressa solo dalla Camera dei Deputati, mentre attualmente deve essere concessa da entrambi i rami parlamentari.
In sostanza il Senato fungerà da raccordo tra Stato, Regioni e autonomie locali e continuerà a partecipare all’elezione del Presidente della Repubblica, dei componenti del C.S.M (Consiglio Superiore della Magistratura) e dei membri della Corte Costituzionale. Il CNEL (Consiglio Nazionale Economia e Lavoro) sarà abolito. Parecchie competenze dalle Regioni torneranno allo Stato. In caso contrario, cioè in caso di vittoria dei NO, continueremo come prima.
I motivi del NO e del SI
Non voglio annoiare il lettore con la panoramica delle diverse motivazioni per il SI e per Il No (cosa, del resto, facilmente recuperabile dalle infinite pagine del web e di FB …).
Perché voterò SI
Dirò semplicemente perché voterò SI. La riforma non mi fa impazzire, ma credo sia un passo avanti verso una razionalizzazione del processo legislativo e del rapporto fra Stato ed Enti Locali.
Fiducia
Il fatto che sia solo una Camera a dare la fiducia al governo renderà più semplice il processo amministrativo e più chiaro il rapporto cittadini e governanti.
Il Federalismo
Diciamola tutta: ci siamo spellati le mani in favore del federalismo e adesso ci rendiamo conto che il modo in cui il federalismo all’italiana è stato inteso ed applicato ha avuto solo l’effetto di proliferare conflitti fra enti e promuovere pasticci burocratici (al limite della schizofrenia). La riforma non sarà perfetta, ma è utile provare a snellire.
Un voto politico
Purtroppo, come accade spesso in Italia, e non solo in Italia, al voto referendario è stato volutamente attribuito un significato politico. Ebbene, se le cose stanno così ho un’altra motivazione per votare SI: vorrei tanto che coloro che hanno contribuito (chi più, chi meno) a condurci sull’orlo del baratro finanziario e dentro una crisi economica così lunga e profonda, subissero una bruciante sconfitta. Al contrario, se la vittoria del NO dovesse aprire le porte a una deriva populista oppure a elezioni anticipate o ancora alla necessità di dar vita all’ennesimo governo tecnico, ebbene, se le cose stanno veramente così, allora ho una motivazione in più per votare SI.
Fabrizio Annaro
PS Desidero ricordare che periodicamente chiamiamo un tecnico a mettere a posto (???) le cose. Abbiamo iniziato alla fine degli anni ’80 con Amato, poi Ciampi, subito dopo Dini e infine Monti e la Fornero. L’economista Stefano Zamagni in un recente incontro, proprio qui a Monza, ci ha ricordato che la Democrazia si è sviluppata grazie all’istruzione e all’allargamento della classe media. La crisi economica attuale ha invece impoverito e ridimensionato il ceto medio. Meditiamo.