di Daniela Zanuso
“Nessuno ha il diritto di essere felice da solo”
Raoul Follereau è stato uno straordinario esempio di altruismo e coraggio. Nasce nel 1903 a Nevers, una cittadina francese della Borgogna. Il dolore per la perdita del padre, caduto durante la prima guerra mondiale, segna il suo rifiuto per la guerra e le miserie che porta con sé. Il giovane Follereau è attratto dalla letteratura e, in particolare, dalla poesia. Fin dalla giovane età, la sua opera è consacrata alla denuncia dell’egoismo, delle ingiustizie sociali, dell’assurdità della guerra.
Il libro dell’amore, quasi un “manifesto” di tutta la sua vita, ruota attorno ad una frase di capitale importanza per il suo futuro: “Nessuno ha il diritto di essere felice da solo”.
Abilissimo oratore, sale presto agli onori della cronaca come brillante giornalista. Nei primi anni ’30 un viaggio in Africa lo porta a conoscere la terribile realtà della lebbra.
La II guerra mondiale è ancora in corso ma Follereau lancia i suoi primi appelli alla pace ai grandi della terra. Denuncia lo scandalo delle enormi risorse destinate alla guerra, chiede con insistenza che almeno una parte, anche minima, delle spese di guerra sia devoluta ad aiutare l’umanità che soffre, che ha fame, che non ha case, ospedali e scuole, ma la sua voce è destinata a perdersi sotto il rumore assordante delle armi.
A partire dagli anni Cinquanta concentra le sue energie soprattutto nella lotta contro la lebbra. Le persone colpite dal morbo di Hansen sono, a quel tempo, il simbolo dell’emarginazione e del pregiudizio. La medicina ha fatto grandi progressi in merito, ma i malati di lebbra vivono in condizioni disumane, totalmente esclusi ed emarginati dalla vita sociale. Diventa indispensabile rompere il pregiudizio e l’ignoranza che circonda questi malati e al tempo stesso garantire loro le cure necessarie a circoscrivere, se non a guarire, la malattia.
Per sfatare lo stigma che questa parola porta con sé, Follereau andrà incontro ai malati per abbracciarli, per stringere loro le mani, per condividere cibo e momenti della giornata. Diventerà così l’apostolo dei lebbrosi. Accanto a lui la moglie Madeleine Boudou da anni condivide con lui vita, ideali e battaglie.
Ma il suo orizzonte è il mondo e lui è consapevole che ci sono “altre lebbre”: l’indifferenza, l’individualismo, l’ipocrisia, l’ingiustizia e prosegue le sue battaglie attraverso appelli, scritti e la costituzione di numerose associazioni a suo nome. Nel bel mezzo della contestazione alla guerra in Vietnam, promuove una campagna finalizzata a convertire il costo di un giorno di guerra in fondi a favore della pace.
Quando si spegne, il 6 dicembre 1977 a Parigi, sono in tanti ad avere la certezza che le sue battaglie sono solo cominciate e che altri le porteranno avanti.
Oggi, le associazioni da lui fondate (in Italia AIFO, associazione italiana amici di Raul Follereau) http://www.aifo.it/progetti-nel-mondo sono attive in tutto il mondo sui temi della lebbra e della sanità in generale, della prevenzione all’HIV, della disabilità, della riabilitazione, dell’infanzia e della difesa dei diritti umani.