di Claudia Terragni
Il nome di una nazione può dire tanto della sua storia. Il caso della Liberia ne è un esempio lampante.
Questo stato dell’Africa Occidentale è stato fondato nei primi decenni del Diciannovesimo secolo dai coloni afroamericani, ex schiavi liberati provenienti dagli Stati Uniti. Hanno chiamato la loro nuova casa Liberia, “terra degli uomini liberi”. Il neonato Stato diventa ufficialmente indipendente nel 1847, guadagnandosi la fama di prima Repubblica africana, con una Costituzione fondata sul modello e sui valori di quella americana.
Oggi i discendenti dei coloni rappresentano solo il 5% della popolazione, formata da un groviglio pericolosamente instabile di numerose etnie diverse. Basti pensare che secondo la BBC, oltre all’inglese si parlano altre 29 lingue indigene.
La Liberia è una nazione nata da un sogno di libertà, ma realizzarlo si è rivelato molto più complesso del previsto. Il sogno è diventato presto un incubo. L’incubo terribilmente reale di regimi militari e di una violentissima guerra civile che ha insanguinato per 14 anni le terre liberiane. 250.000 persone uccise, migliaia stuprate e mutilate, spesso da bande di bambini soldato, organizzate da capi militari senza scrupoli e senza pietà.
Oggi, il 29 ottobre di 78 anni fa, nasceva a Monrovia Ellen Johnson Sirleaf, attuale presidente della Liberia. È stata la prima donna africana a rivestire il ruolo di presidente di uno stato, arrivata al potere nel 2005 vincendo il ballottaggio contro George Weah, ex calciatore di Paris Saint Germain e Milan.
La presidentessa non ha certo alle spalle un passato semplice: di formazione economista, con un Master in public administration conseguito ad Harvard nel 1971, Ellen Johnson-Sirleaf è costretta all’esilio a Nairobi nel 1980, dopo il rovesciamento dell’allora presidente William Tolbert da parte del sergente Samuel Doe. Torna in patria solo nel 1985, per partecipare alle elezioni acconsentite dal regime, sotto la pressione dagli Stati Uniti. Poco tempo dopo però, la coraggiosa donna accusa pubblicamente il regime militare di Doe e viene condannata a dieci anni di prigione. Rilasciata dopo breve, si trasferisce a Washington e torna in Liberia solo nel 1997 nel ruolo di economista.
“La dimensione dei tuoi sogni deve sempre superare la tua attuale capacità di raggiungerli. Se i tuoi sogni non ti spaventano, non sono grandi abbastanza” crede Ellen Johnson-Sirleaf.
Nel 2005 tuttavia, il sogno del suo paese appariva davvero sproporzionato, una sfida insormontabile quella di ricostruire una nazione in fin di vita, dilaniata da anni di terrore, violenza e debiti economici.
A scapito di ogni aspettativa però, la presidentessa è stata in grado di portare a termine accordi e negoziati, di ricostruire infrastrutture. Nel 2011 riceve il Premio Nobel per la Pace per i suoi sforzi mirati ad assicurare pace e giustizia, a promuovere l’economia e lo sviluppo sociale e “per la lotta non violenta per la sicurezza delle donne e il loro diritto alla piena partecipazione al lavoro di costruzione di pace” http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/peace/laureates/2011/johnson_sirleaf-facts.html
Non si può certo affermare che ora il sogno sia divenuto realtà. A complicare ulteriormente la situazione un nuovo nemico ha iniziato a mietere vittime in tutta l’area: l’Ebola dal 2013 ha colpito e ucciso più di 11.300 persone. Un mostro terrificante da affrontare. Ellen Johnson Sirleaf è stata molto criticata per la sua decisione del 2014 di usare le truppe militari per mettere in quarantena uno dei quartieri più poveri e pesantemente infettati della capitale, West Point. Oggi l’Ebola è considerata un pericolo molto più contenuto: nel marzo 2016 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha annunciato la fine dell’emergenza nei paesi dell’Africa Occidentale colpiti.
Nonostante l’emergenza sia passata, la Liberia si ritrova comunque costretta ad affrontare le tragiche conseguenze che l’epidemia ha lasciato.
Ma i sogni devono far paura per essere grandi abbastanza.