Stendhal: un ‘milanese’ sepolto a Parigi

Stendhal

di Francesca Radaelli

“Arrigo Beyle, milanese. Scrisse. Amò. Visse”

Il 23 marzo 1842 muore a Parigi Henry Beyle, scrittore francese noto a tutti come Stendhal. Difficile trovare la sua tomba nel cimitero di Montmartre in cui è sepolto. Sulla lapide il nome con cui è divenuto celebre è riportato tra parentesi e l’epitaffio che vi si legge è in lingua italiana. Un rapporto di grande amore e ammirazione legava infatti l’autore del Rosso e il Nero al nostro Paese.

Nato nel 1783 a Grenoble, nel 1800 entrò per la prima volta in Italia, a seguito della spedizione di Napoleone. Fu amore a prima vista. Dopo la caduta di Napoleone visse sette anni nella città meneghina, entrando in relazione con intellettuali come Franco Porta, Alessandro Manzoni e Silvio Pellico e compiendo viaggi a Roma, Napoli e Firenze, da cui scaturì La storia della pittura in Italia (1817), il primo libro firmato con pseudonimo di Stendhal, probabilmente un riferimento a Stendal, città natale dello storico dell’arte tedesco Johann Joachim Winckelmann, subito seguito da Rome, Naples et Florence.

Tomba di Stendhal nel cimitero di Montmartre a Parigi
Tomba di Stendhal nel cimitero di Montmartre a Parigi

Proprio in quest’ultima opera, una sorta di diario di viaggio, si trova la prima descrizione dei sintomi di quella che è ora celebre come ‘sindrome di Stendhal’: “Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce (la basilica di Firenze, ndr.), ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”. 

Oltre un secolo dopo, nel 1977 sarà la psichiatra fiorentina Graziella Magherini a studiare per prima il fenomeno, un disturbo che si era verificato in diversi turisti stranieri in visita nella città toscana di fronte alla visione di opere d’arte di particolare bellezza. Tra questi, tempo prima, c’era stato anche il romanziere francese.

Dopo essere stato allontanato da Milano dalla polizia austriaca che sospettava si fosse affiliato al movimento carbonaro, riuscì a ritornare in Italia sotto il regno di Luigi Filippo, ottenendo la nomina di console a Civitavecchia. Qui furono scritti i due capolavori che lo hanno reso celebre: Il Rosso e il Nero, storia dell’inquieto e ambizioso Julien Sorel e del suo amore proibito con madame de Renal, e La Certosa di Parma, ambientato nella città emiliana con protagonista il giovane Fabrizio Del Dongo e i suoi ideali romantici.

E proprio i tratti romantici sono le caratteristiche distintive dei personaggi dei romanzi di Stendhal che, animati da ideali di nobiltà e gloria, si scontrano però con la meschinità della società francese del periodo immediatamente successivo alla caduta di Napoleone. Quella stessa grandezza di sentimenti e di bellezza Stendhal la trovava nel Rinascimento italiano. E, malgrado le vertigini di fronte a tanta bellezza, la maggior parte della sua vita decise di trascorrerla proprio nel nostro Paese.

Francesca Radaelli

 

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