di Fabrizio Annaro
Sul palco, insieme ai protagonisti e con chi ha girato il docufilm, abbiamo vissuto un’intensa emozione, la stessa probabilmente del pubblico del Teatro Binario 7 che aveva appena assistito alla prima.
Un’intensa emozione per quel che avete raccontato del vostro dolore, di cosa sia per voi il carcere, il vostro forte, autentico, dichiarato desiderio di cambiare. Il pubblico si è sentito coinvolto, si è sentito in comunione, e il suo applauso ha voluto dire: siamo con voi, con voi che avete cambiato marcia, con voi che volete ricominciare una vita nuova, facciamo il tifo per voi. Un’emozione che era palpabile nella frase di Marzio: “un’ora fa ero in cella, ora sono qui …”
Non c’erano altre parole, non c’era nulla che si potesse aggiungere se non l’elogio di Mario, alla sua compagna presente in sala, che con la sua dichiarazione d’amore ha reso ancora più nitido il senso umano, il senso del distacco.
Direte hanno sbagliato. E’ vero hanno sbagliato, e questo è anche il tema dei temi sollevato dal docufilm e in generale dalle problematiche della detenzione. Non basta una vita per raccontare il carcere, ma il docufilm ha acceso un riflettore, ha aperto una porta rimasta finora chiusa. Rieducazione, riparazione, scorrere del tempo, libertà, lavoro, spiritualità, cultura, divertimento, salute.
Parole che in carcere si rincorrono e che intersecano la vita e il linguaggio di chi è fuori e che spesso hanno significati diversi dal comune sentire. “Mi sento reinserito” una frase pronunciata nel docufilm che mi ha colpito e che Mario mi ha ripetuto anche quando ci siamo salutati. E’ una frase shock perché non dice: sono pronto per uscire, ma dice: ho ricostruito il senso interiore della mia coscienza, della mia vita, ho impiegato questo tempo, il tempo della detenzione, per guardare dentro la mia esistenza, il mio passato, il mio presente.
In carcere chi ha sbagliato e vuole ricominciare deve offrire molteplici garanzie. La sicurezza lo esige, il rispetto per chi ha subito un danno lo reclama. Rieducazione, senso umano della pena, sicurezza, legalità sono stati i temi trattati dalla riflessione del direttore della Casa Circondariale, Maria Pitaniello che non ha esitato ad invitare il territorio a collaborare per favorire il reinserimento sociale di chi ha scontato la pena.
Enrico Origgi di Camera di Commercio ha raccolto l’invito soprattutto sul tema lavoro. Profondamente colpito dal doculfilm e dalle immagini del carcere, Origgi ha voluto ricordare che in Brianza ci sono 90 mila imprese che saranno senz’altro coinvolte ed invitate ad occuparsi del tema carcere. Cherubina Bertola vice sindaco di Monza ha confermato la disponibilità del Comune, ma non ha nascosto il suo personale disagio per le scarse risorse, per i pochi mezzi che in questo momento di crisi sono destinate alle persone più fragili. Marco Casella comandante della Polizia Penitenziaria è stato molto soddisfatto perché il docuflm sottolinea il ruolo fondamentale ed umano, ma spesso sconosciuto, degli agenti che operano in carcere. Anche l’arciprete di Monza monsignor Silvano Provasi è intervento e ha voluto parlare di libertà dando significato particolare alla parola: è la capacità di cogliere e raccontare il bene anche nelle situazioni complesse e difficili.
Accanto a queste voci l’impegno dei dirigenti scolastici ricordato da Guido Garlati, preside del Mosè Bianchi (scuola che nel carcere gestisce una sezione staccata) di parlare ai ragazzi di legalità e diffondere il docufilm; l’elogio di Marta Petenzi, segretaria della Fondazione della Comunità di Monza e Brianza, per le tante persone presenti e per le tante emozioni suscitate da questo documentario. Un ulteriore appello in favore del lavoro come strumento di reinserimento sociale è stato espresso da Virginio Brivio della Cooperativa Sociale 2000 e da Marco Viganò segretario della Cisl Brianza, così come il ruolo del volontariato in carcere è stato ricordato da Valerio Monti dell’associazione Carcere Aperto. Il pubblico ha apprezzato le parole di Marika Collela, educatrice, che terrà conto delle dichiarazioni di Marzio e Mario. Dennis è in libertà perché ha scontato la pena ed ora lavora.
Una serata chiusa con la nostalgia del direttore Pitaniello perché il tempo delle riprese durato oltre un anno si è concluso. Ora dobbiamo pensare alla diffusione del documentario perché le immagini sanno dire molto più delle parole. Parole che il giornalista ha il dovere di usare, così la pensiamo noi de Il Dialogo, per creare quella commozione attraverso cui nasce, cresce, reagisce la coscienza.
Fabrizio Annaro
foto di Stefania Sangalli Giovanna Monguzzi
Tempo Libero è stato realizzato da Fabrizio Annaro, Enzo Biffi, Dario Cogliati, Camilla Mantegazza, Paolo Terraneo con musiche originali di Teodoro Curcio e Antonello Sala. Durata 45 minuti.Si ringrazia per la collaborazione la Direzione, la Polizia Penitenziaria e l’Area Trattamento della Casa Circondariale di Monza. Il video trova il patrocinio del Comune di Monza e il sostegno della BCC Credito Cooperativo Valle del Lambro, di Camera di Commercio di Monza e Brianza, della Caritas Decanato di Monza, della CISL Brianza, della Cooperativa Sociale 2000 – Consorzio EX.it, e della Fondazione della Comunità di Monza e Brianza.
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