Sulle tracce del genio: la scomparsa di Majorana

di Roberto Dominici

Il secondo degli articoli  “Sulle tracce del genio” è dedicato a Ettore Majorana, fisico ed accademico italiano  scomparso misteriosamente nella primavera del 1938.

“La scienza, come la poesia, si sa che sta a un passo dalla follia”.

Ettore Majorana fu il classico esempio di bambino prodigio, in grado, ancora molto piccolo, di stupire tutti per le sue capacità di svolgere complicatissimi calcoli a mente, come l’estrazione di radici cubiche. Nel 1923 conseguì la maturità classica e si iscrisse alla facoltà di Ingegneria all’Università di Roma. Ben presto però si accorse che gli studi pratici non si confacevano alla sua indole e, nel 1927, decise di passare agli studi di Fisica.

Il gruppo di studi noto come “I ragazzi di via Panisperna” a Roma negli anni ’30, i “padri” della fisica nucleare. Da sinistra: Oscar D’Agostino, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Enrico Fermi.

Nel 1929 si laureò a pieni voti con lode con una tesi sulla Teoria quantistica dei nuclei radioattivi sotto la guida di un altro gigante della Fisica, Enrico Fermi. Da questo momento, per otto anni, fino al 1937, Majorana entrò a far parte del gruppo di via Panisperna creato da Enrico Fermi, composto negli anni, per quanto riguarda i teorici, oltre che da lui stesso, da Gian Carlo Wick, Giulio Racah, Giovanni Gentile Jr, Ugo Fano, Bruno Ferretti e Piero Caldirola. In campo sperimentale invece vi erano Emilio Segré, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo, Eugenio Fubini, Mario Ageno e Giuseppe Cocconi. Completava il quadro il chimico Oscar D’Agostino.

Nel 1932 Majorana conseguì la Libera docenza in Fisica teorica e nel 1933 trascorse sei mesi, prima in Germania con Heisenberg, uno dei grandi fondatori della Meccanica quantistica, e poi a Copenhagen con Niels Bohr, il creatore della moderna teoria atomica. Questi incontri, in qualche modo segnarono una svolta nella vita di Ettore, perché, una volta rientrato a Roma, smise di frequentare il gruppo e si rinchiuse in casa a studiare e cessò anche di pubblicare i suoi lavori. Dal 1928 fino al 1933, Majorana pubblicò otto articoli poi vi fu il silenzio, interrotto solo nel 1937, in occasione del concorso con il suo ultimo articolo pubblicato, per un totale di soli nove articoli. Pur tuttavia, il suo stile, la sua profondità le sue capacità di semplificazione di situazioni matematiche molto complesse gli avevano decretato una grande fama.

Un testimone diretto, Bruno Pontecorvo, affermò: “Qualche tempo dopo l’ingresso nel gruppo di Fermi, Majorana possedeva già una erudizione tale ed aveva raggiunto un tale livello di comprensione della fisica da potere parlare con Fermi di problemi scientifici da pari a pari. Lo stesso Fermi lo riteneva il più grande fisico teorico dei nostri tempi e spesso ne rimaneva stupito. Un episodio straordinario avvenne quando i colleghi d’ingegneria cercarono di far passare Ettore alla facoltà di fisica, presentandolo a Fermi. Il futuro padre della fissione nucleare era solito tenere un seminario pomeridiano di altissimo livello per saggiare le capacità specifiche e selezionare gli aspiranti. Quel giorno Fermi spiegò il suo studio sulla statistica dell’atomo, dette di Bose-Fermi, che gli sono costate settimane di studi e ricerche. Vari allievi e professori, furono testimoni di questo incontro. Fermi terminò la serata discutendo i dati della sua tabella. Ettore dopo aver ascoltato, fece un paio di domande e consultò con un rapido sguardo la tabella finale che Fermi fece circolare. Il giorno dopo si ripresentò in istituto e qui i suoi modi di agire furono piuttosto bizzarri. Senza alcun rispetto dell’autorità e delle buone maniere di educazione, non si fece annunciare dall’usciere, bussò alla porta dell’ ufficio di Fermi e la aprì. Dentro la stanza c’era Fermi con Emilio Segrè e Edoardo Amaldi. Majorana chiese di poter rivedere la tabella che gli aveva mostrato la sera prima.  Fermi gliela mostrò, Ettore la confrontò con la sua, che si era appuntato su un foglietto, e concluse: “E’ corretta”. In pratica era lui che valutava il lavoro di Fermi ! Era la seconda volta che lo vedeva, e così divenne presto suo allievo.

Questo episodio non lascia dubbi sulla personalità di Ettore, denota in lui la coscienza delle proprie capacità, che non gli fa rispettare alcun’ altra autorità che non sia quella del merito, e, nello stesso tempo, la sua timidezza e fragilità. Ettore in una sola notte ricalcola lo studio che aveva richiesto a Fermi molto tempo. Inoltre, per essere sicuro delle conclusioni, calcola il problema con due differenti procedimenti, in modo da avere un riscontro più completo del suo risultato.

Per quanto riguarda Majorana sulla sua reale personalità, sulle motivazioni della sua scomparsa “misteriosa ed unica”, e sul suo destino sono state fatte varie teorie e si sono accavallate con disordine, supposizioni e ipotesi. Il fisico assoluto (come fu definito), con la sua reale diversità, la sua straordinaria capacità di calcolo e di introspezione dei segreti della natura era in anticipo di molti anni sulle ricerche dei suoi colleghi e i suoi studi, interrotti dalla scomparsa, non erano in linea con quelli di nessun collega dell’epoca. 

Per circa tre anni, dal 1934 al 1937, Majorana si chiuse in casa a lavorare per ore senza uscire mai, frequentando sempre più saltuariamente l’Istituto di Fisica di via Panisperna e studiando in maniera quasi furiosa tanto che i medici arriveranno a diagnosticargli un esaurimento nervoso. Sovente se ne stava a casa, non riceveva alcuno e respingeva la corrispondenza scrivendoci di proprio pugno con forte autoironia si respinge per morte del destinatario. Curava anche poco l’aspetto fisico e si era lasciato crescere barba e capelli. Quello che è certo è che non cessava di studiare: i suoi studi si erano ampliati. Questo è il periodo più oscuro della sua vita: non si sa quale fosse la materia dei suoi studi, anche se qualcosa si può dedurre dalle sue lettere.

Illuminante è il ritratto che ne fece Laura Fermi: “Majorana aveva però un carattere strano: era eccessivamente timido e chiuso in sé. La mattina, nell’andare in tram all’Istituto, si metteva a pensare con la fronte accigliata. Gli veniva in mente un’idea nuova, o la soluzione di un problema difficile, o la spiegazione di certi risultati sperimentali che erano sembrati incomprensibili: si frugava le tasche, ne estraeva una matita e un pacchetto di sigarette su cui scarabocchiava formule complicate. Sceso dal tram se ne andava tutto assorto, col capo chino e un gran ciuffo di capelli neri e scarruffati spioventi sugli occhi. Arrivato all’Istituto cercava di Fermi o di Rasetti e, pacchetto di sigarette alla mano, spiegava la sua idea”. Utile ricordare esattamente le parole di Enrico Fermi: «Se un problema è già posto, nessuno al mondo lo può risolvere meglio di Majorana».

E, alla sua scomparsa lo stesso Fermi, secondo la testimonianza di Giuseppe Cocconi, pronunciò queste parole: “Al mondo ci sono varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango, che fan del loro meglio ma non vanno molto lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza e qui, secondo Cocconi si collocava Fermi. Ma poi ci sono i geni, come Galileo e Newton; ebbene, Ettore era uno di quelli“.

Un’ aura di mistero quasi di mito circonda tuttora la vicenda della scomparsa del grande fisico siciliano che è stata oggetto di libri, saggi come quello di Sciascia che ricostruì le notizie frammentarie sul fatto, le dichiarazioni di persone vicine a Majorana rielaborandole in modo personale, affascinante e suggestiva, a tratti quasi romanzata, delineando in modo efficace la peculiare personalità del personaggio. Mi sono sempre chiesto fino a che punto la scomparsa sia stato il frutto di una decisione volontaria dovuto alla scelta di rifiutare il suo ruolo di scienziato derivata dalle sue stesse intuizioni circa il possibile sviluppo della bomba atomica e le conseguenze disastrose che ne sarebbero potute scaturire, oppure stabilita da qualche potenza straniera che voleva a tutti i costi  imprigionare o asservire il genio Majorana per i suoi scopi bellici.

Nell’ultima intervista concessa prima della sua morte, Pasolini dichiarava: “È bello, è bello il Majorana di Sciascia. È bello perché ha visto il mistero ma non ce lo dice, hai capito? C’è una ragione per quella scomparsa. Ma lui sa che in questi casi un’indagine non rivela mai niente. È un libro bello proprio perché non è una indagine, ma la contemplazione di una cosa che non si potrà mai chiarire.”

Subito dopo aver appreso della sua scomparsa Enrico Fermi, che lo aveva paragonato per capacità a Galilei o Newton, dirà di lui: “Con la sua intelligenza, una volta che avesse deciso di scomparire o di far scomparire il suo cadavere, Majorana ci sarebbe certo riuscito. Majorana aveva quello che nessun altro al mondo ha; sfortunatamente gli mancava quel che invece è comune trovare negli altri uomini, il semplice buon senso“.

Ancora Edoardo Amaldi scrisse nel suo ricordo: “Aveva saputo trovare in modo mirabile una risposta ad alcuni quesiti della natura, ma aveva cercato invano una giustificazione alla vita, alla sua vita, che era per lui di gran lunga più ricca di promesse di quanto non lo sia per la stragrande maggioranza degli uomini. Per i suoi tratti di personalità simil schizoidi e allo stesso tempo eccentrici è stato definito da alcuni come il Kafka o il Rimbaud della fisica, mentre alcuni storici della fisica lo collocano a metà tra Einstein e Newton. Concludo con una frase enigmatica da lui pronunciata sulla Fisica estremamente sibillina, che ritengo un sublime invito alla riflessione per tutti: “La fisica è su una strada sbagliata. Siamo tutti su una strada sbagliata”.

2 ottobre 2019

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