Svista dance: la danza oltre la vista

Tre insegnanti di danza monzesi propongono un corso per ipovedenti; di Cristina Bertolini

… Cinque, sei, sette, otto…e inizia la lezione di danza, non solo per aspiranti ballerini in carriera, ma anche per ipovedenti. Si chiama “Svista dance” ed è un’idea di tre insegnanti Valentina Bertani (attualmente non vedente), Virginia Fumagalli, storica insegnante di danza a Monza (ipovedente) e Cinzia Manzoni (normodotata), in collaborazione con l’Unione italiana ciechi di Monza, con cui stanno lanciando l’iniziativa.

Verrà messa in campo in una scuola di danza monzese ancora da designare, non appena le condizioni sanitarie lo permetteranno. Insieme le tre docenti hanno formulato un percorso di avvicinamento alla danza classica per chi ha problemi di vista, cominciando dai principi base della postura che “coinvolge schiena, spalle, collo testa; anche, piedi e fino ai talloni, ben piantati a terra, come se dovessero sprofondare nel terreno. Intanto il collo e la testa salgono verso l’alto, quasi tirati da un filo invisibile. I benefici – racconta Valentina – riguardano la conoscenza e la percezione di sè nello spazio: si impara a stare meglio in equilibrio senza appoggio e senza aiuto, a spostare il peso, usando il corpo per cambiare direzione”.

Valentina ha cominciato a studiare danza a tre anni, poi è nato un problema alla retina che l’ha portata progressivamente alla cecità da grande. Ma ha sempre reagito alla difficoltà con il sorriso. Intanto è riuscita a studiare danza classica e contemporanea in scuole di Monza e Arcore e fare esperienze all’estero, come ballerina per un tour operator.

Poi ha dovuto sospendere per interventi vari agli occhi, ma ha ripreso appena ha potuto con un’insegnante americana per adulti che si occupa di disabili. Da quando ha perso la vista è cambiato tutto, come racconta e naturalmente il primo aspetto compromesso è stato l’equilibrio. Ma continuando a danzare, Valentina si muove con disinvoltura anche nella vita quotidiana, riuscendo a far dimenticare a chi la guarda, la sua difficoltà. Equilibrio e cambi di direzione si studiano alla sbarra.

“A Monza – racconta Valentina – vorremmo cominciare con i bambini dai 7 anni in su, perché a quell’età hanno una grande elasticità e capacità di apprendimento, per poi coinvolgere gli adulti, fino alle nonne, rispettando per tutti conformazione fisica, rotazione e fibra muscolare.”  Se per i normodotati si cerca il punto focale, sui non vedenti si fa leva sulla percezione del proprio corpo.

La pianta del piede diventa lo strumento per orientarsi: il tallone, sempre sotto la colonna vertebrale, è fondamentale, anche nel rélevé, quando si stacca da terra. Per mostrare la tecnica, l’insegnante non tocca l’allievo, per non invadere il suo spazio emotivo, ma si fa toccare e solo su richiesta interviene fisicamente per le correzioni. “Con gli ipovedenti l’insegnante parla molto – sottolinea Valentina – si aprono porte, cercando il dialogo con l’allievo. Fra le posizioni base si usa la 1′, la 2′ e la 4′, niente 5′ che richiederebbe un equilibrio difficile da cercare”.

Per informazioni sui corsi: 

Unione Italiana Ciechi  e Ipovedenti,

Sezione di Monza e Brianza, via Tonale, 4 Monza,

e-mail: [email protected] 

Telefono: 039 232 66 44. C.B.

Il progetto vede il sostegno della Fondazione della Comunità di Monza e Brianza.

 

 

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