Terzo Settore: produttori di valore


di Fabrizio Annaro fotografie di Lucia Mussi

“Quando il sole tramonta, non piangere. Le lacrime ti impedirebbero  di vedere le stelle”. Con questa citazione del poeta indiano Tagore, l’economista Stefano Zamagni,  ha concluso il suo intervento durante il convegno “Quale futuro per il Welfare di Comunità”  che si è svolto a Monza, lunedì 14 maggio.

Aperto dai consueti saluti istituzionali e moderato dal giornalista Luigi Losa, il convegno è stata un’importante occasione per riflettere sul futuro del welfare.

Un incontro organizzato da Fondazione della Comunità MB, CSV Monza Lecco Sondrio, Forum Terzo Settore MB e Confcooperative MI-MB-LO, con il Patrocinio di Provincia e Comune di Monza e che ha visto la partecipazione di un qualificato pubblico formato da operatori e dirigenti del Terzo Settore monzese e della Brianza. Presenti anche esponenti del mondo sindacale, delle istituzioni, del mondo imprenditoriale e cittadini interessati ad approfondire i temi dibattuti dal convegno.

Media partner dell’evento è stato il nostro giornale.

Un meeting che ha voluto anche ricordare la figura di San Gerardo quale pioniere del moderno welfare e che si è aperto all’ascolto dello studioso Stefano Zamagni, docente di Economia Politica dell’Università di Bologna e degli altri relatori intervenuti al convegno.

Stefano Zamagni, docente di Economia Politica all’Università di Bologna

Dunque  Zamagni ci invita a non essere pessimisti, a guardare la realtà  con realismo, concretezza e fantasia al fine di trovare nuove soluzioni ai nuovi problemi.

Ma che cos’è il welfare di comunità?

Zamagni ha introdotto il suo contributo presentando un excursus sulle diverse concezioni filosofiche del moderno welfare. Ha parlato di paradigmi  e non di modelli perché i modelli sono figli dei paradigmi. A cavallo fra il secolo scorso e l’inizio del nuovo millennio, tre paradigmi di welfare si sono succeduti e hanno segnato la storia sociale del capitalismo.

il giornalista Luigi Losa, moderatore dell’incontro

Il primo, di carattere privato, è un’invenzione  che arriva da oltre oceano. Il welfare capitalism, nato nel 1919 in America,  è finanziato dagli imprenditori e consiste nell’ assicurare ai lavoratori delle proprie aziende assistenza sociale e sanitaria. Ha un difetto: si limita a beneficiare i lavoratori di quelle imprese, quindi non ha carattere universale. Il vantaggio del welfare capitalism è la crescita dell’efficienza e della produttività aziendale.   

Il welfare state, invece, è nato nel 1942 in Inghilterra grazie al grande economista J.M. Keynes. Ha carattere universale perché lo Stato assicura gratuitamente a tutti  i suoi cittadini cure mediche, scuola ed assistenza sociale.

Il limite del welfare state è l’insostenibilità finanziaria. “Non c’è bisogno di esser matematici per capire che le spese sociali e sanitarie crescono esponenzialmente – ha dichiarato Zamagni – mentre le entrate statali sono proporzionali alla ricchezza”. In poche parole il welfare state, malgrado il vantaggio dell’universalità,  è “un sistema a favore dei poveri che diventa sempre più povero”.

Era necessario inventare qualcosa che potesse arginare gli squilibri del welfare state e nel contempo superare i limiti del welfare aziendale.

Nasce il welfare di comunità, un sistema che vede le persone progettare servizi a beneficio della Civis. Servizi e progetti finanziati da un sistema che vede la collaborazione fra enti pubblici, fondazioni, imprese private, cittadini, enti di Terzo Settore. Una sussidiarietà, definita da Zamagni, circolare perché vede seduti intorno ad un tavolo (immaginiamo rotondo!) diversi enti che hanno come obiettivo comune quello di migliorare la Civitas (intesa come città delle anime) e valorizzare i beni comuni. Nella sussidiarietà circolare si mettono in interazione tre sfere: programmazione, finanziamenti e modalità di gestione.

Progettare insieme

La sussidiarietà circolare  richiede coprogettazione cioè collaborazione fra i protagonisti del welfare che analizzano i bisogni, studiano le risorse e mettono in campo le risposte. Un sistema che impone da parte dell’ente pubblico un riconoscimento al Terzo Settore, riconoscimento che attualmente fatica ad affermarsi.

Infatti la politica, grazie al meccanismo degli appalti al minimo ribasso, costringe il Terzo Settore ad operare in un rapporto di vassallaggio. La riforma del Terzo Settore recentemente varata ha un pregio quello di dare riconoscimento agli enti di Terzo Settore perché il bene quando si vuole fare non richiede nessuna autorizzazione. Al più lo Stato è chiamato a vigilare sulle effettive finalità dichiarate da un’associazione o da un’impresa sociale. Lo Stato non deve concedere, ma vigilare.

Imprese profit e imprese no profit

Il successo del welfare comunitario è intimamente legato alla partecipazione delle imprese. Non solo perché dispongono di risorse finanziarie, ma anche perché sono portatrici di una cultura che aiuta i progetti a trovare concretezza.

E Zamagni cita come esempio la grande azienda FAAC, quella che ha automatizzato i cancelli di mezzo mondo. Il proprietario, che non aveva né figli né familiari, una volta deceduto,  ha deciso di devolvere tutto il suo patrimonio alla Diocesi di Bologna. Un anno fa imprenditori, enti di Terzo Settore, la stessa Diocesi, sindacati e il Comune di Bologna hanno firmato un protocollo per destinare i profitti della FAAC ad un progetto che ha l’obiettivo di creare lavoro e favorire l’inserimento lavorativo di giovani e persone svantaggiate.

La riforma del Terzo Settore

La riforma è una buona legge che migliora la situazione. Certo non è perfetta perchè l’ottimo è contrario al bene. Una novità importante della riforma è l’introduzione della finanza sociale cioè la possibilità per le imprese sociali di emettere titoli di credito entro determinate regole e garanzie, il tutto grazie a un fondo sociale garantito dallo Stato.

da sx: Luigi Losa, Stefano Zamagni. Carola Carazzone, Stefano Tassinari, Francesco Banzatti, Filippo Viganò e Concetta Monguzzi

La cultura prima o poi vince

Dobbiamo attrezzarci culturalmente ed avere più coraggio affinché il Terzo Settore conquisti il ruolo che gli spetta. Stupisce, ha detto Zamagni, che a Milano non ci sia un corso di Laurea di Economia Sociale come invece esiste a Forlì e a Bologna. Un invito a costituirlo anche a Monza? Occorre che i giovani che desiderano realizzare il sogno di promuovere e fare il bene possano essere adeguatamente formati.

Inferno o Paradiso?

Gli esponenti del Terzo Settore – ha concluso Zamagni – hanno una responsabilità specifica nei confronti della comunità: essere richiamo etico e morale a tutte le altre sfere sia sociali sia dell’impresa sia della politica. Omettere questo compito significa omettere quell’impegno che nella coscienza cristiana significa promuovere il bene e la verità. Non abbiate timore di riprendere una classe politica o gruppi di cittadini che mandano a quel paese il bene comune e gli interessi dei più deboli.

Ma soprattutto sappiate che, come dice Tagore, “ quando il sole tramonta, non piangere perchè le lacrime ti impedirebbero di vedere le stelle” ed una di queste stelle è il Terzo Settore, uomini e donne che creano valore in senso lato non soltanto valore monetario, ma anche e soprattutto valore sociale, spirituale, civico, culturale. In una sola parola VALORE!

Tavola rotonda

Invitati dagli organizzatori a confrontarsi con quanto proposto da Zamagni, Francesco Banzatti di Confindustria ha accettato la sfida del professore di Bologna  e sarà portatore nelle sedi dell’associazione degli imprenditori della richiesta di coinvolgere le imprese nella progettazione di servizi di welfare di comunità.

Carola Carazzone Segretario Generale di Assifero (Associazione che riunisce le Fondazioni private e di Comunità) ha precisato che si sta affermando una mentalità sempre più partecipativa delle fondazioni e delle famiglie illuminate. Soggetti attivi che partecipano e progettano, un salto qualitativo che fa la differenza.

Concetta Monguzzi,  Sindaco di Lissone e presidente del Tavolo territoriale di Welfare, ha sottolineato che obiettivo di questo tavolo è proprio quello di creare sinergie, collaborazioni e risposte di sistema ai bisogni del territorio. Casa, lavoro, e sostegno al reddito sono state le questioni poste da un gran numero di  cittadini che un tempo appartenevano al ceto medio e che, adesso e per effetto della crisi, sono precipitati nella povertà. Situazioni che hanno generato un clima di sfiducia, rabbia, disfattismo nei confronti delle istituzioni.

Stefano Tassinari, esponente del Forum Nazionale del Terzo Settore, non ha avuto mezze misure nel ricordare la debolezza politica e rappresentativa del mondo sociale. Dichiara la debolezza di un welfare “bricolage” fatto di tante proposte che si limitano a soluzioni di problemi e di questioni individuali. I territori sono come le persone, hanno un’anima, vanno pensati.

Infine Filippo Viganò a nome dei promotori e del CSV di Monza-Lecco Sondrio, ente di cui è presidente, ha ricordato gli obiettivi del convegno e la forza sia numerica sia di impatto sociale del mondo del volontariato. Infatti sono circa 5 mila le associazioni che aderiscono al CSV.

Prima della Tavola Rotonda tre esponenti dell’impresa sociale di Monza e Brianza hanno offerto un importante testimonianza dell’operato delle imprese sociali nel nostro territorio. Franco Villa ha raccontato della Casa Francesco un luogo di accoglienza per persone con fragilità, Giovanni Vergani  ha illustrato il progetto Tiki Taka servizio in favore della persona disabile e Roberto Mauri ha spiegato Il Paese Ritrovato  un vero e proprio villaggio che accoglierà persone con Alzheimer.

In chiusura replicando agli intervenuti alla tavola Rotonda, Zamagni  cita Thomas Merton che in un suo romanzo scrisse: Il tempo galoppa, la vita sfugge tra le mani, ma può sfuggire come sabbia oppure come semente.

L’augurio del professore di Bologna è che il Terzo Settore della Brianza debba e possa essere seme i cui frutti siano importanti benefici per la comunità e per i cittadini.

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