Tre libri dal mio 2017

di Matteo Arosio

Sono sempre stato abituato a catalogare le cose di cui fruisco. Per anni la prima cosa che ho fatto all’uscita dal cinema è stata prendere lo smartphone e votare il film appena visto.  Ancora prima di discutere o di comunicare a chi era con me se quanto avevo appena visto mi fosse piaciuto oppure no. Lo facevo solamente per me, per avere un luogo che conservasse la mia prima impressione e che mi ricordasse se il film mi fosse piaciuto oppure no e lo facevo subito per evitare di cambiare idea o di farmi influenzare da altri giudizi. Col tempo ho smesso di votare i film, ma non ho mai smesso di pensarci e di confrontarli con quelli già visti. E lo stesso ho sempre fatto con i libri che leggo e i dischi che ascolto. Per questo non intendo stilare una vera e propria classifica con il meglio del 2017, ma piuttosto proporre tre libri che ho letto e che mi sento più di altri di consigliare.

Michele Mari – Leggenda Privata (Einaudi)

L’ultimo libro di Michele Mari è quello che capovolge la poetica dell’autore. Se la propria vicenda biografica è sempre stata lo spunto della materia romanzesca dell’autore, in quest’“autobiografia horror” ne diventa il reale centro narrativo. Il protagonista è Mari stesso e la sua formazione, la sua «sanguinosa infanzia» e l’adolescenza non meno complicata, i problemi e le angosce, il rapporto con due figure titaniche come i genitori Enzo e Iela. Il padre “il cui carattere si colloca all’intersezione di Mosè con John Huston” e la madre “costretta a darti il bacino della buonanotte di nascosto”. E anche la loro vita, le amicizie di Iela con Buzzati, Jannacci, Montale e Walter Bonatti e la storia dei nonni paterni immigrati a Milano dal Sud. I fantasmi privati e la cronaca famigliare di quello che è forse il miglior scrittore italiano vivente, e che per quanto sia stata problematica la sua famiglia – e nel libro si vede benissimo- è uno straordinario bacino di storie da raccontare.

George Saunders – Lincoln nel Bardo (Feltrinelli)

Spesso le cose più belle sono quelle di cui diffidiamo di più, all’inizio. Sono sempre stato un grande fan dei racconti di Saunders, e quando ho letto della pubblicazione di un romanzo sono rimasto freddo. Ho sempre pensato che i suoi testi fossero perfetti nella forma del racconto breve. Durante un viaggio a Londra mi sono per caso imbattuto in una pila di copie autografate di Lincoln nel Bardo, e ho tirato dritto. Quando è uscito in Italia Feltrinelli ha organizzato una presentazione con l’autore al Cimitero Monumentale di Milano, e io ero a letto con l’influenza. Poi, a novembre, un post su Instagram di Colin Meloy, il cantante dei Decemberists, mi informa che “sente come suo dovere insistere che molliate tutto e vi mettiate a leggere questo libro”. Cedo. Lincoln nel Bardo racconta della morte del figlio prediletto del Presidente americano, in piena guerra civile, e di un momento intimo della vita di questi. I giornali dell’epoca raccontano infatti che Lincoln si fosse recato nella cripta per abbracciare per l’ultima volta il figlio. Saunders mette in scena questo evento da una prospettiva insolita – quella degli altri morti del cimitero, che aleggiano nel luogo perché non consapevoli della propria morte (è un concetto presente nel Libro tibetano dei morti, appunto il Bardo). È un racconto corale di più di cento personaggi diversi, come nello stile di Saunders. E’ tutto fuorché canonico, ma è straordinariamente ben riuscito.

Ayn Rand – La Fonte Meravigliosa (Corbaccio)

Ho iniziato a leggere questo libro a giugno e l’ho finito solo pochi giorni fa. È uno di quei libri che in America hanno la fama di classico fondativo del canone letterario, ma che in Europa non hanno avuto la stessa fortuna. E non stupisce, leggendolo. È la storia, ispirata alla vita di Frank Lloyd Wright, un architetto che rinuncia a adattarsi alle convenzioni sociali per affermare la propria idea di architettura. È molto lungo (quasi settecento pagine) e ricco di monologhi retorici sulle diverse Weltanschauung (visioni del mondo) dei protagonisti. L’autrice, in modo sapiente, prima li tratteggia presentandoli come personaggi qualunque, poi man mano li rende più importanti. È un romanzo filosofico, in cui diverse concezioni del mondo si scontrano. E’ un buon modo per ripensare all’idea di individualismo americano, il concetto per cui l’uomo d’ingegno ricercando la propria felicità sia in grado di far progredire tutta l’umanità. Non proprio quello cui siamo abituati dalle notizie che vengono recentemente dall’altra parte dell’Atlantico.

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