Il Treno della Memoria

di Paola Biffi

Ricordare è un’ attività difficile, richiede un rapporto sincero con il tempo. Passato, presente e futuro si intrecciano nel ricordo e diventano un progetto di cambiamento, una speranza. Ricordare, possiamo dire, è un viaggio in compagnia, tra ragazzi, da cui è inevitabile uscire diversi. Il Treno della Memoria è un’associazione culturale che ogni anno organizza dei veri e propri viaggi di formazione storica e porta milioni di ragazzi a visitare i luoghi della Memoria. Il progetto nasce nel 2004 da un gruppo di ragazzi che desiderano dare una svolta all’educazione e una risposta alle continue guerre e discriminazioni sociali. Il progetto è diventato una vera e propria Associazione Culturale, formata da circa 150 giovani volontari che fanno gli accompagnatori in questa esperienza, volta a creare Memoria e Cittadinanza attiva. E’ il passaggio di un testimone importante per ricordare come, più di 70 anni fa, l’Umanità ha toccato il fondo più buio di tutti i tempi.

Qui di seguito la testimonianza di Marco Tommasini, che da quattro anni accompagna come educatore i ragazzi nell’esperienza del viaggio: il vero motore del Treno sono, infatti, ragazzi dai 19 ai 25 anni e che si formano per poter comprendere e aiutare altri a comprendere pienamente questo percorso. “L’attività che svolgiamo è quella di accompagnare i ragazzi nell’esperienza che per primi abbiamo affrontato, che ci ha fatto riflettere e che abbiamo deciso di condividere”.

Dopo 70 anni dalla guerra, in che senso fare memoria può essere ancora un’esperienza educativa per il presente e per il futuro?

Il mondo di oggi è in continuo cambiamento, sia a livello sociale che culturale. La formazione è diversa a seconda della scuola che si frequenta, la società è in continuo ed incessante mutamento e la politica è spesso mal compresa dalle persone, soprattutto se si parla di ragazzi. Soprattutto noi giovani siamo perennemente “bombardati” da notizie di cui non sappiamo la provenienza, siamo portati a crearci delle idee in base a quello che vediamo sui social networks e abbiamo la tendenza a farci insegnare le cose, non ad impararle.
Il Treno della Memoria è, a mio avviso, uno dei pochi progetti educativi che crea Cittadinanza Attiva, che forma gli adolescenti ad apprendere e a non stare fermi, a non rimanere nella famosa “zona grigia” di Primo Levi ma di uscire, di confrontarsi con quello che è il mondo di oggi e di combattere le ingiustizie, di condividere quello che è giusto per loro e di realizzare i propri sogni. Il Treno della Memoria affronta temi di attualità importanti, come quello dell’”Olocausto”, dell’Immigrazione e della disabilità, che si ripercuotono sulla nostra vita di tutti i giorni.

Il Treno è simbolo di un viaggio: quali sono, fisicamente e simbolicamente, le tappe? Quale la meta?

Il Treno della Memoria dura 8 giorni: un viaggio lungo e  impegnativo, sia fisicamente che emotivamente. Si parte, a bordo di bus, da Torino, Milano, Catania, Lecce, Bari, Trento, Roma e molte altre città italiane e ci si dirige verso una delle due “tappe intermedie” del viaggio: Praga. In questa città molto turistica e dalla forte personalità culturale, siamo ospitati per due giorni. Lì infatti, andiamo a visitare due luoghi fondamentali per la Memoria del ‘900: Terezìn e Lidice. Il primo è un campo di concentramento situato a circa 60 km da Praga noto per la forte presenza di artisti e bambini durante il periodo di internamento. Il secondo è un comune della Boemia che fu completamente raso al suolo dai nazisti come vendetta per l’uccisione di Heydrich, uno degli uomini di Hitler, dalle forze partigiane.
Il viaggio continua poi a Budapest, città simbolo della deportazione ungherese durante la “Soluzione Finale della Questione Ebraica”. Qui si visita il Museo dell’Olocausto, uno fra i più rinomati ed importanti d’Europa, e si ripercorrono le orme di Giorgio Perlasca, un italiano nominato “Giusto fra le Nazioni” per aver salvato numerosi ebrei dalla deportazione fornendo loro dei documenti spagnoli falsi.
Infine Cracovia che è la tappa dove convogliano tutti i gruppi: la nostra “seconda casa”, la città che ci apre le porte ogni anno da ormai 14 anni. Qui si visita il  Ghetto ebraico, la  fabbrica di Schindler e l’attuale  quartiere ebraico. Il culmine del viaggio è la visita ai campi di concentramento di Aushwitz e Birkenau.

Coinvolgete molte scuole ma anche persone di altre età, perché questa scelta? Che differenze ci sono di reazione all’esperienza tra ragazzi e adulti?

Il progetto nasce principalmente per i ragazzi dai 17 ai 19 anni, ovvero coloro che frequentano gli ultimi due anni di scuola superiore; questa scelta è legata al fatto che in questo periodo viene affrontato il tema della Seconda Guerra Mondiale e poi i ragazzi iniziano ad essere maturi e pronti per reggere un viaggio così emotivamente forte. Da qualche anno abbiamo scelto, date le numerose richieste ricevute dall’esterno, di provare a allargare la fascia di età dei partecipanti: abbiamo avuto ragazzi frequentanti le scuole medie, ragazzi universitari e adulti. Gli “esperimenti” sono riusciti in tutti e tre i casi: nel primo, abbiamo avuto riscontri positivi dai professori dei ragazzi, con i quali abbiamo collaborato per adattare le fasi del progetto a questa fascia di età. Per quanto riguarda i più grandi, l’esperienza ha portato un aiuto e degli spunti di formazione aggiuntivi rispetto a punti di vista diversi.
Le reazioni sono diverse a prescindere dall’età dei partecipanti: ognuno ha il proprio bagaglio di conoscenza, il proprio carattere ed il proprio pensiero. Il Treno della Memoria è un’esperienza collettiva ma che si vive affrontando in parallelo un percorso estremamente soggettivo, in cui ogni persona vive emozioni diverse impossibili da descrivere in poche righe.

L’Associazione non organizza solo il Treno ma altre iniziative di consapevolezza, quali?

L’Associazione organizza anche il “Rebel Camp”, un campeggio resistente organizzato in Val di Susa dagli educatori del Treno della Memoria, in occasione della ricorrenza del 25 aprile. Sono tre giorni in cui vi sono attività di formazione riguardo temi storici e di attualità, in cui vengono ascoltate testimonianze dirette di partigiani e di attivisti di oggi e che culmina con l’organizzazione di una fiaccolata tra le vie della Val di Susa.
Il “Narin Camp” è invece una settimana di workshop ed attività di confronto riguardo tematiche di attualità, che coinvolge ragazzi provenienti da tutta Italia che vogliono passare una settimana di approfondimento culturale e di Cittadinanza Attiva;
Un’altra iniziativa riguarda la partecipazione al Salone del Libro in collaborazione con la Casa Editrice del Museo Internazionale di Aushwitz, che ogni anno fornisce al Treno della Memoria delle letture inedite riguardo alla vita dei deportati, documentazioni storiche mai redatte prima e conservate all’interno dell’archivio del Museo.

Avete qualche idea per il futuro? Come pensi evolverà il tema della memoria nei prossimi anni?

Il Treno della Memoria in partenza

Le idee per il futuro sono molte, il Treno è sempre alla ricerca di nuovi spunti, persone ed iniziative per portare avanti un’idea che non invecchia mai. Ogni anno la richiesta è elevatissima e si lavora continuamente per rendere questa iniziativa aperta ad ogni possibile cambiamento in positivo. Collaboriamo ormai da diversi anni con varie realtà (Coordinamento Torino Pride, l’Associazione “Si può fare” che si occupa di disabilità, i circoli ANPI e realtà territoriali educative) per aggiungere sempre nuove proposte e spunti di crescita al nostro progetto.

Come educatore, cosa ti motiva ad andare avanti?

Per tre anni ho accompagnato gruppi di ragazzi in questa esperienza per trasmettere loro quello che è il senso del viaggio: una crescita personale, un percorso finalizzato all’apprendimento storico e culturale di una delle pagine più drammatiche della storia moderna. Ma anche per trasmettere un senso di appartenenza alla società e una maggiore consapevolezza. Il senso del mio viaggio è quello di trasmettere loro quello che provo ogni volta nel varcare l’ingresso di Auschwitz. Sono orgoglioso di poter essere “testimone indiretto” di quello che si viveva negli anni ’40 in questi luoghi, perché la Memoria non deve svanire, non deve essere dimenticato quello che potrebbe accadere di nuovo.
Questo è il senso del Treno, del mio Treno.

Per saperne di più: intervista al figlio di Giorgio Perlasca

 

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