Tutti in campagna … Due

di Marco Riboldi

Neanche il tempo di tirare il fiato dopo le fatiche della campagna elettorale per le comunali ed ecco che la nostra classe politica decide che è il caso di votare per il rinnovo del Parlamento.

Mentre siamo tutti quanti alle prese con le vacanze arrivano le telefonate urgenti dei dirigenti dei partiti per mettere insieme le liste: anch’io vengo raggiunto dal messaggio.

“Cosa dici se faccio il tuo nome per un posto in lista? Però non posso garantirti un posto sicuro, ci stai lo stesso?”.

Il tempo di accettare ( non ce la faccio a dire di no, mi sembra che sia il momento di mettercela tutta) e mi trovo candidato al Senato della Repubblica.

Che detto così è solenne. Poco importa  se so che con la legge elettorale vigente non sarò mai eletto: mi onora la sola idea di essere invitato a  concorrere per un posto nella assemblea che ha visto tanti nomi illustri della storia d’Italia (lo so che è tutta un’altra storia, ma al mio cuore di appassionato di musica, pensare  che lì ci siano stati Verdi e Puccini …).

Comunque: torno per un paio di giorni, sbrigo le burocrazie varie, ringrazio gli amici che si prestano a lavorare nelle sedi del partito anche in agosto ( le liste andavano presentante entro il 20 del mese, corredate da una serie di dichiarazioni firmate e autenticate) e …pronti ad un’altra campagna. Che è tutta un’altra cosa rispetto alla precedente.

Primo: si vota per liste bloccate e collegate ad un candidato del collegio uninominale. Io sono nel “listino” proporzionale, che abbraccia il territorio di cinque province (Monza, Lecco, Como, Varese e Sondrio). L’elettore sceglie il partito, poi è tutto automatico, il che significa che solo il primo nel listino ha buone probabilità di successo. Ma non importa: come detto, questa candidatura non ha alcuna ambizione se non quella di portare un po’ di voti al partito, se ce la faccio.

Secondo, non essendoci preferenze da conquistare, si è tutti molto collaborativi, tra candidati. Non c’e alcuna competizione nel partito, ma solo la voglia di essere utili.

Quel che è poi diversissimo dalle elezioni amministrative è che sei inserito in una specie di centrifuga: i circoli di partito dei vari paesi delle province ti invitano, creano occasioni di incontro, ti comunicano iniziative. E poi le associazioni di categoria, le realtà locali (cooperative, circoli culturali e sportivi  ecc.), qualche scuola ecc.: insomma sei tirato di qua e di là e le ore non bastano mai.

Gli incontri a tu per tu sono interessanti: l’atteggiamento della persona cui dai il tuo volantino cambia di colpo. Tu sei “il candidato al Senato”, che non è la stessa cosa che essere candidato al consiglio comunale: la gente che incroci vuol sapere e ti comunica desideri, ansie, proteste.

Il record è detenuto da un signore, peraltro gentile, che mi ha notificato che dopo tanti anni NON avrebbe mai votato il mio partito dopo “la strage che avete fatto con i vaccini” ( credevo di aver capito male, invece era proprio così: i vaccini hanno ucciso, non il Covid); che vuoi dirgli?

Un capitolo a parte meritano i confronti diretti con gli avversari: e qui devo dire che ho trovato una correttezza, una pacatezza e un rispetto reciproco che è tutt’altra cosa dalle risse televisive. Si ragionava, si raccontavano posizioni differenti, ma mai uno scontro men che cortese.

Una cosa molto interessante della compagna elettorale è stata la possibilità di incontrare anche persone molto interessanti e di livello politico superiore, da cui si impara molto. Non farò nomi, ma davvero talvolta  sono tornato a casa portando con me una grande ammirazione per questo o quel dirigente nazionale (non solo del mio partito).

Un ultimo pensiero, affettuosissimo, ai tanti volontari che hanno fatto di tutto: ne ho incontrati moltissimi, che hanno mostrato una generosità di impegno veramente enorme. E tutto  senza nulla chiedere o aspettarsi: la bella politica, davvero

Infine, si torna alla normalità:  gli ultimi volantini finiscono nelle caselle postali vicino a casa, la tua famiglia ti riconquista e tu ricominci da dove eri un mese fa.

Sai che non andrai a Roma, ma va bene così: se ami la politica ti sei divertito, hai fatto una esperienza notevole e ti resta la sensazione di aver fatto quel che potevi.

Adesso, accada quel che deve accadere. (Scrivo queste righe prima di sapere come andrà a finire, anche se qualche idea ce l’ho. E non mi piace)

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