Un colosso di marmo pregiatissimo (lo stesso che anche Michelangelo avrebbe voluto usare), a forma di seme d’arancia accoglierà milioni e milioni di visitatori all’ Expo, Gate Ovest. E’ l’opera-simbolo di questa edizione dell’esposizione universale, un seme gigantesco, di buon augurio e di speranza.
Un seme per far crescere in tutti noi l’idea che anche un evento così’ contrastato – e contestato – come l’Expo possa infondere fiducia nel futuro. Un seme della rinascita. Solo un Maestro come Emilio Isgrò,con la coerenza delle sue idee, poteva esserne l’autore.
Emilio Isgrò non è solo un artista, è un poeta, un drammaturgo, uno scrittore. Un uomo ricco di vitalità e di “ottimismo della volontà”. Come dimostra la storia stessa di questo seme d’arancia. Isgrò è nato a Barcellona Pozzo di Gotto, nel messinese. Sul finire degli anni Novanta, la sua città che era stata un importante e vitale centro di coltivazione e di esportazione di agrumi pregiati viveva un momento cupissimo: la mafia si era impossessata di quella ridente località, c’era pressoché un morto al giorno. Barcellona chiese all’illustre concittadino, allora già artista affermato a livello internazionale, un ‘opera di speranza e di riscatto. Nel 1998, Isgrò realizzò una scultura alta sei metri, posta in mezzo al piazzale della stazione di Barcellona, proprio nel luogo in cui le arance partivano per raggiungere i pasticceri di Bruxelles e di Zurigo o i profumieri di Parigi e di Londra. E’ questa la genesi del Seme d’Arancia di Barcellona, ma la storia non è finita perché la successiva amministrazione comunale tentò di distruggere l’opera

(è incredibile quanta paura possa generare il valore simbolico di una scultura), ma non vi è riuscita perché gli stessi abitanti di Barcellona l’hanno difesa con tutte le loro forze!
A cogliere il significato più profondo di questa vicenda è stata l’amministrazione comunale di Milano che ha recepito la potenza di quell’opera e ha commissionato al Maestro Isgrò un Seme d’Arancia proprio per l’Expo. Una scultura ben augurante. Ed è nata così ” Il Seme dell’ Altissimo”, un titolo che può apparire ascetico e francescano, come spiega coraggiosamente Isgrò, un titolo che in realtà deriva dal fatto che il prezioso marmo bianco Calacta è stato estratto dal monte Altissimo di Serravezza, in provincia di Lucca. Un marmo purissimo e di pregio di proprietà dalla storica fabbrica Henraux che ha messo a disposizione i macchinari per modellare la scultura : un perfetto seme, ingrandito un miliardo e cinquecento milioni di volte, alto quasi otto metri e pesante 17 tonnellate. Isgrò non ha percepito alcun compenso. La fabbrica Henraux neppure.
Milano, invece, al termine dell’Expo avrà un altro capolavoro tra i suoi tesori: il Seme dell’Altissimo verrà collocato in Piazza Sempione, davanti all’Arena, proprio dove nel 1906 si tenne la prima esposizione universale del Novecento.
Un simbolo tra i simboli, un auspicio per il futuro di questa città, così martoriata nelle sua storia recente.
Qualcuno ha chiesto al Maestro perché si sia accontentato di ingrandire un minuscolo semino di agrume, ignorando altri simboli italici come il Colosseo o la Torre di Pisa ed ecco la sua risposta:”Il segreto italiano – afferma Isgrò -è tutto qui: far diventare grandi le cose piccole e non rimpicciolire le cose grandi. Anche l’arte è una piccola cosa se abbandonata a se stessa. Ma se saremo capaci di farla diventare più grande per la società, oltre che per il mercato, forse costruiremo un Paese più forte e competitivo anche sui mercati globali.” Parola di Emilio Isgrò.
Daniela Annaro