Sono numerosi gli interventi che si susseguono durante il convegno organizzato dalla Cooperativa monzese Novo Millennio, martedì 15 ottobre, al Teatro Binario 7 di piazza Castello a Monza. Altrettanti sono gli spunti di riflessione offerti, mai banali e scontati. Il fil rouge del pomeriggio, dedicato ai più svariati aspetti riguardante le problematiche legate alla salute mentale, è il tempo, che può tracciare differenti e molteplici strade d’interpretazione. Si riprende Bergson, si citano grandi nomi per rendere evidente quanto il concetto sia elastico. Si riflette sulla sua velocità, perché “è sempre l’ora del the e negli intervalli non abbiamo tempo per lavare le tazze”. Si cerca di capire quali malattie può provocare un tempo in cui lo spazio per metabolizzare gli eventi, in una vita frenetica e priva di pazienza, è sempre più limitato. Il dott. Amatulli, direttore del Dipartimento di Salute Mentale del polo di Desio – Vimercate, ragiona anch’egli sul tempo che, all’interno delle strutture terapeutiche e residenziali, si configura sotto due differenti aspetti.
L’operatore vive “in un tempo privo di tempo”, affrontandolo con affanno e apprensione. Sul margine opposto della strada, il tempo dell’utente. Interminabile, lento e sbilanciato rispetto ai bisogni, inadeguato. E da qui prendono avvio numerose considerazioni sull’organizzazione degli organismi che si occupano di assistenza psichiatrica, tarati sui servizi degli anni ’80, costruiti sugli indennizzi, legati a servizi per cronici, incapaci di catturare i giovani, in quanto il gap comunicativo è troppo elevato. Questo è un dato che spaventa, se si pensa che la fascia di popolazione compresa tra i 15 e i 25 anni è quella meno rappresentata nei servizi dedicati alla salute mentale ma che solleva i maggiori problemi e le più strazianti ricerche di aiuto.
Sì, la richiesta di assistenza per questi giovani ha numeri esorbitanti. A tal proposito, si pensi alla problematica del narcisismo, enfatizzata dalla ricerca di un modello sociale che vuole essere speculare a quello propagato dal mondo televisivo, che tende a censurare bruttezza, lentezza e diversità e a incrementare la cosiddetta “sindrome di non adattamento” tra i giovani. E i servizi non sono adeguati per affrontare tali problematiche, asserisce il dott. Clerici, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale del San Gerardo. Si può ragionare anche sul problema della tossicodipendenza. Negli anni ’70 rappresentava una semplice sacca di marginalità, lo 0,2-0,3% della popolazione. Ora è uno stile di vita per cui le droghe sono strettamente legate a una ricerca di piacere e di esperienze, non fruibili in momenti di vita “normali”, non alterati.
La psichiatria si trova dinnanzi a nuovi fenomeni che destabilizzano le conoscenze attuali, si ha la necessità di verificare ex novo le chiavi di lettura necessarie alla risoluzione di questioni che prima non esistevano. Perché, ricorda Amatulli, non bisogna dimenticarsi che la “psichiatria possiede un sapere meno forte rispetto alle altre branche delle discipline mediche ma ciò non esclude il grande potere che può e deve esercitare sui suoi utenti”: interpreta la vita delle persone, spesso portandola verso cospicue modificazioni, segnando il destino di chi passa tra i meandri di questa scienza. Ciò, però, non significa che bisogna trasferire sulla psichiatria i problemi sociali.
La psichiatria è una disciplina medica e non sociale, che può e deve rispondere a problemi altamente specifici e definiti, di tipo prettamente clinico. Così ribatte Clerici alle osservazioni finali di Don Augusto Panzeri responsabili di Caritas di Monza e capellano del carcere, che solleva questioni relative alle difficoltà che lui stesso si trova ad affrontare nelle carceri, con le donne, con i disoccupati e nei Centri di Ascolto Caritas.
I problemi nella società di oggi sono infiniti, nessuno può obiettare a ciò. Definiamo, però, chi se ne debba occupare. Viaggiamo accompagnati, non da soli. In Italia non esiste la tradizione del gruppo, sostiene il Dott. Foresti. “Riunire un gruppo è come tirare la corda ad un animale di cui non si conoscono le dimensioni”. Collaboriamo. Accorgiamoci dell’altro. Non discriminiamo. O almeno, sforziamoci di farlo per quanto possa essere difficile. Perché, in fondo, come si legge all’ingresso dell’ex manicomio Paolo Pini di Milano “da vicino nessuno è normale”.
Oltre agli psichiatri Amatulli e Clerici sono intervenuti Cherubina Bertola vice Sindaco Comune di Monza, Matteo Scocco commissario Asl Monza MB, Marco Meregalli presidente della Cooperativa Novo Millennio, Simona Vergani assistente sociale del Comune di Monza, M. Vigorelli, G. Foresti e Maria Coronelli
Camilla Mantegazza