Una lavatrice speciale

di Francesca Radaelli

Una coppia con due figli decide di adottarne un terzo. È cominciata più o meno così l’avventura di Maria Amelia (Monti) ed Edoardo (Erba) rispettivamente voce narrante e autore dello spettacolo La lavatrice del cuore, in scena lo scorso giovedì 30 gennaio al Teatro Manzoni di Monza, primo appuntamento della rassegna Altri Percorsi.

Il racconto di un percorso a ostacoli a tratti esilarante. Una trafila burocratica durata ben quattro anni, durante i quali la coppia è dovuta passare attraverso una serie infinita di prove da superare: una perizia psichiatrica dai risvolti inaspettati, un matrimonio segreto, una montagna di carte da compilare e timbrare…

Un racconto inframmezzato dalle parole di chi la burocrazia se l’è ormai lasciata alle spalle e l’esperienza dell’adozione la sta vivendo in tutta la sua complessità, come genitore o come figlio. Si tratta delle lettere raccolte in occasione del Festival delle lettere e in collaborazione con ItaliaAdozioni, che riportano aneddoti e testimonianze quotidiane di chi vive, o ha vissuto l’adozione.

Proprio da una di queste lettere, recitate con grande coinvolgimento dalla stessa Maria Amelia Monti, deriva il titolo dello spettacolo. La lavatrice del cuore – spiega una mamma alla propria figlia color cioccolato – è una lavatrice speciale che hanno tutte le mamme: un posto dove si può  buttare tutto ciò che fa soffrire i bambini, per farlo lavare e centrifugare.

Ma quando una bambina di sette anni butta dentro la lavatrice di sua madre il dolore per essere stata rifiutata dalla mamma biologica e il terrore di essere abbandonata di nuovo, questa lavatrice deve lavorare non poco per lavarli via.

Essere una madre ‘di cuore’ e non ‘di pancia’ è un compito difficile, talvolta usurante, e lo stesso vale per i papà. “Tu non sei la mia vera mamma”; “Non sei il mio vero papà”: le parole dette durante un capriccio possono essere macigni. Senza contare poi le domande spesso fuori luogo di conoscenti  e amici: “Ma parla italiano?” (riferito a un bambino vietnamita adottato a pochi mesi); “Ma delle due qual è la tua figlia vera?”. E via di questo passo. 

Nelle lettere dei genitori e dei figli si intravvedono spiragli di una quotidianità complessa, fatta di conflitti e di rapporti difficili, ma proprio per questo ricchissima di umanità. Il passaggio da una storia all’altra, da un sentimento all’altro, dal dolore all’ironia trova rispondenza perfetta nel violoncello di Federico Odling, che con la sua musica accompagna la voce narrante per tutto lo spettacolo.

Gli applausi non mancano. Maria Amelia Monti, emozionandosi durante la lettura delle lettere, emoziona  e commuove gli spettatori, tra cui ci sono numerose famiglie adottive. Ma alla fine di fronte alle disavventure dell’aspirante mamma adottiva  non mancano nemmeno le risate.

Insomma, uno spettacolo che per certi versi funziona proprio come una lavatrice del cuore: le sofferenze ci sono, ma vengono lavate via. E dal teatro si esce col sorriso. Almeno fino al prossimo lavaggio…

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