di Francesca Fumagalli
Se quest’anno avete prediletto la montagna come meta estiva e, in particolare, avete scelto di trascorrere un rilassante soggiorno nella soleggiata Val Venosta, immancabilmente vi siete incontrati o vi incontrerete con l’unicità del paesaggio offerto dal lago di Resia. Infatti, al centro dello specchio di acqua azzurra sorge instancabile un campanile solitario che ogni anno desta la curiosità dei turisti del luogo. Lo spettacolo che viene offerto dall’unica costruzione dell’antico paese di Curon riuscita a elevarsi sul lago artificiale è indubbiamente suggestivo e fiabesco, ma la sua storia, insieme a quella dei suoi abitanti, è tutt’altro che gioiosa o romantica.
Per arrivare dunque sul luogo preparati ed informati sul retroscena di questo unico panorama, potete fiondarvi nella lettura di “Resto qui” (Einaudi) a cura di Marco Balzano, insegnante milanese classe 1978, il quale, in seguito allo stupore suscitatogli dalla visita del lago di Resia, ha deciso di studiare dettagliatamente la storia di Curon e raccontarla a chi, come lui, fosse stato colto dalla medesima curiosità. “Resto qui”, vincitore del Premio Campiello 2015 e del Premio Bagutta 2019, non è un saggio storico, né una mera trasposizione dei fatti: si tratta di un romanzo di narrativa che offre al lettore la possibilità di conoscere le vicende che hanno interessato la Val Venosta dal 1921 sino alla costruzione della diga attraverso le parole e i sentimenti degli abitanti del villaggio, personaggi fittizi a cui Balzano dà vita magistralmente.
In particolare, l’autore sceglie come voce narrante la giovane e dolce Trina, che ripercorre la storia di Curon, dove è nata e cresciuta, nelle lettere alla figlia Miriam, fuggita non ancora adolescente da quel paese trasformatosi in una trappola per la sua libertà e i suoi sogni di bambina. Trina, insieme alle amiche d’infanzia Maria e Barbara, ottiene il diploma di insegnante a cavallo tra il 1920 e il 1921, anno in cui le truppe di Mussolini danno il via alla brutale italianizzazione dell’Alto Adige: la lingua tedesca viene ufficialmente bandita per far spazio all’italiano, vengono cambiati persino i nomi sulle tombe dei loro morti e la scuola tedesca viene chiusa e proibita. Trina dunque, non senza dolore e rinunce, si riscopre una maestra clandestina, diventando parte insieme al marito di quella fetta di popolazione che rifiuta i cambiamenti che la storia ha portato con sé.
Diversamente da molti suoi compaesani e dalla sua stessa figlia, Trina non lascerà mai il suo maso, la sua piccola casa nel villaggio di Curon, rifiutandosi di piegarsi alle violenze del regime fascista prima e di quello nazista, poi. La giovane donna sfrutterà, pertanto, la forza delle sue stesse parole nel tentativo di fermare il progetto Montecatini che, attraverso la costruzione di una diga, vorrebbe rispondere al fabbisogno di energia idroelettrica della regione, conducendo, però, alla scomparsa del paese di Curon sotto le acque di un lago artificiale.
“Resto qui” è una storia di resistenza e di tradizioni, di coraggio e decisioni sofferte. Le confessioni di Trina permettono di comprendere appieno la vicenda del campanile che svetta solitario sul lago di Resia, così come l’ironia amara del fascino che oggi reca: le passioni, i dolori e le incomprensioni di un villaggio rimasto sommerso dal passaggio della Storia.