Quello che vi raccontiamo qui sotto è la storia di un viaggio ad Haiti e di una volontaria della Fondazione Rava. Un’esperienza particolarmente toccante da diversi punti di vista. Per capire di che si tratta, vi diciamo solo che la volontaria in questione, Donatella di Paolo, è una bella signora che di mestiere fa la giornalista televisiva, è mamma di tre ragazzi, ma soprattutto era reduce da una brutta malattia. Con estremo coraggio, e contro il parere di alcuni, ha deciso di recarsi ad Haiti, all’Ospedale San Damien gestito da Padre Rick con il prezioso contributo della Fondazione Francesca Rava di Milano.
Per Donatella, quel viaggio in quell’isola povera e maledetta, distrutta e ancora piegata dal terremoto del 2010, un terremoto devastante di magnitudo 7, significava, ci sembra di capire, un tributo alla vita ritrovata, un regalo che faceva a se stessa, un ringraziamento e una condivisione.
Ecco il suo racconto.
Partirò da quando l’aereo ha lasciato Port au Prince alla volta di Miami. ‘Adesso devo prendere l’agenda e vedere quando posso tornare‘ -mi sono detta.
Perché Haiti ti entra nel cuore e quando te ne vai ci lasci un pezzo di te.
Era tanto che volevo fare questo viaggio, poi quando ho cominciato a riprendermi dopo la mia malattia, contro il parere di molti, ho deciso: ’vado’ .
Non so quanto io sia riuscita a dare a tutti quei bambini che ho accarezzato, ascoltato, preso in braccio, imboccato, fatto addormentare sulla mia spalla, o ai quali ho rivolto solamente un sorriso, ma so per certo quanto questi bambini abbiano dato a me.
Guardo e riguardo le foto, il video, e rivivo l’emozione della prima volta che sono entrata all’ospedale Saint Damien, una struttura che colpisce per l’efficienza, la pulizia, ma soprattutto per la speranza che riesce a infondere. Certo, i piccoli pazienti che sono ricoverati soffrono, ma hai la certezza che sono nel posto migliore possibile. Perché il personale e i tanti volontari che in ogni modo si prodigano per alleviare i tanti problemi sono li , per loro.
Una sensazione questa che ho avvertito in modo particolare quando sono entrata nella stanza dei pesci .Qui vivono i bambini colpiti da malattie molto gravi. E anche quelli abbandonati in attesa che possano essere trasferiti alla Baby House. E’ lì che ho conosciuto Gerico, che gli occhi non li ha piu’, ma che percepisce il contatto fisico se fai come ti insegnano i volontari.
Oppure Bensinà, un cucciolo di 13 mesi della quale mi sono innamorata. Sembrava che aspettasse solo che qualcuno la tirasse su dal suo lettino, la prendesse in braccio e la portasse fuori all’aria aperta. Poi sorridendo si e’ addormentata sulla mia spalla con la manina che stringeva la mia maglietta. Quando ci ripenso, e succede spesso, ancora mi vengono le lacrime.
Perche’ questi bambini aspettano solo che qualcuno gli dedichi un po’ di tempo, di affetto e poi, come per incanto, smettono di piangere o di lamentarsi sommessamente.
E poi che dire di quando ho conosciuto i nostri, perchè uno di loro e’ stato adottato da un gruppo di amici, bambini adottati a distanza? Il piccolo Tony alla Baby House e Raphael Jean che vive nell’orfanotrofio di Kenskoff, un luogo bellissimo a 1500 metri di altitudine?
Alla Baby House era in corso una festa e i nostri palloncini colorati, i piccoli doni, hanno reso il pomeriggio allegro e divertente. . Abbiamo giocato, cantato, ballato . Che meraviglia sentirsi prendere per mano da quelle manine che non vorrebbero lasciarti più e ti portano in giro e ti mostrano il loro piccolo mondo.
Su Raphael Jean racconterò un piccolo episodio, sembra incredibile, ma Emanuela Ambreck ne e’ testimone. Quando siamo arrivati a Kenshoff che ospita 320 bambini ho subito chiesto dove potevo trovare Raphael Jean e così ho mostrato, ad un bambino che poteva avere la sua età, la scheda con il nome e la foto un po’ sbiadita perchè fotocopiata. So che e’ difficile da credere ma …era lui.
Su Saint Louis la bella struttura che ospita i ragazzi piu’ grandi posso dire quanto sia stata colpita dall’educazione, dal rispetto di questi adolescenti così desiderosi di mostrare i loro libri, i compiti svolti, o quegli armadi dove in perfetto ordine conservano le loro poche cose.
E che gioia la domenica delle palme vedere le piccole signorinette cantare indossando quegli orecchini, quelle borsette, quei fermacapelli che i nostri figli avevano da anni messo da parte…
Deus ex machina di tutto ciò, un uomo che finalmente sono riuscita a conoscere, Padre Rick. Quando gli ho chiesto: ‘Ma come riesce a fare tutto questo? la sua risposta e’ stata’: ‘Perche’ bisogna amare quello che si fa’.
Dalla sua voce, dai suoi gesti, dalla messa che celebra ogni mattina alle sette, che poi e’ sempre un funerale di bambini, emana una forza e una serenità che sembra lenire ogni pena.
Il racconto potrebbe essere infinito ma non posso non dire sue parole su Villa Francesca la struttura che ci ha ospitati, perfettamente gestita dalla haitiana che sembra svizzera , Rosalyne.
Era bello ritrovarsi tutti la sera, cucinare insieme, scambiarsi i racconti, suonare la chitarra e cucinare gli spaghetti per americani e spagnoli.
Un grazie ai miei compagni di avventura che hanno reso queste giornate così intense e grazie a tutti quelli che ho incontrato, anche per un attimo. Mi hanno fatto capire che il mondo dopotutto può essere molto meno peggio di quello che a volte ci appare.
E grazie a questa associazione che ha a cuore il destino di un paese dove tanto, ma veramente tanto e’ stato fatto, ma tanto c’è ancora da fare.
E questo è un invito per tutti.
Donatella Di Paolo