servizio a cura di Marco Riboldi
Il coronavirus ha colpito anche la didattica. In ogni scuola di ogni ordine e grado si è reso necessario trovare nuove modalità di lavoro e di contatto tra docenti e studenti.
Abbiamo pensato di chiedere il racconto di qualche esperienza, cominciando dagli studenti universitari. Ringrazio per la disponibilità dimostrata: ogni risposta alle mie domande meriterebbe un articolo a sé. Cercherò di riassumere come meglio posso.
Comune agli studenti che hanno risposto è una sorta di esperienza di straniamento.
Seguire le lezioni e sostenere gli esami da remoto toglie all’apprendimento l’esperienza del confronto diretto con il docente, della immediatezza del ritmo domanda-spiegazione, in caso di necessità.
Molti suggeriscono che sia così anche per il docente, che non può confrontare le proprie parole con le reazioni immediate, anche non verbali, degli studenti.
Egualmente avvertita, se non ancor più accentuata, la mancanza del contatto con i compagni di studio, sia per i momenti di comune lavoro, sia per la quotidiana vita sociale fatta di amicizie, scambio di opinioni, risate e in genere momenti giovanili passati insieme (data l’età, non potrebbe essere diversamente).
Le università e i docenti escono largamente promossi dalla opinione della maggior parte degli studenti.
Quasi tutti hanno notato una difficoltà iniziale, provocata dalla necessità di organizzare in modo rapido un metodo di lavoro differente dall’usuale; ma in generale, passati pochi giorni, la struttura universitaria ha ripreso a lavorare a pieno ritmo, recuperando anche eventuali lezioni perse.
Naturalmente questo è stato favorito dalla grande dimestichezza degli studenti con gli strumenti informatici, cui anche i docenti hanno fatto ricorso senza difficoltà.
Qualche problema è nato da talune deficienze tecniche soprattutto nel campo delle connessioni domestiche, che per quelle della facoltà.
Il che non toglie che questo aspetto, in genere superato dopo qualche giorno, vada preso in considerazione.
Alla richiesta di un giudizio complessivo sull’apprendimento, in generale si ritiene che l’esperienza non abbia affatto danneggiato gli studenti, che ritengono di non aver subito danni da queste settimane.
Per certi versi anzi, come vedremo, ritengono di aver potuto seguire l’insegnamento in modo più profittevole.
Le lezioni da remoto, infatti, hanno indubbiamente vantaggi e svantaggi.
Chi segnala, come detto, la freddezza della esperienza di un docente ridotto un po’ a “scatola parlante”, chi invece (direi quasi tutti) sottolinea il vantaggio di avere lezioni comunque sempre a disposizioni, in quanto tutte registrate, così da poterle riascoltare anche più volte, con ritmi autonomamente decisi e con la possibilità di tornare sugli argomenti più ostici senza alcuna difficoltà.
Non trascurabili le osservazioni di chi nota che per gli studenti lavoratori l’opportunità di ascoltare le lezioni in qualsiasi orario facilita notevolmente lo studio. Altrettanto dicasi per gli studenti che non abitano nelle città sedi di università, che azzerano il tempo, i costi e le scomodità del pendolarismo.
Solo apparentemente banale l’osservazione di chi segnala che l’uso del computer annulla la difficoltà di vedere bene ciò che in aula viene proiettato a distanza sensibile dai banchi più lontani dalla cattedra.
Qualche aspetto particolare viene messo in rilievo da una studentessa al V anno di medicina.
Anche in questa facoltà è stata data la possibilità di seguire i corsi on line.
Poiché nella università in questione la frequenza è obbligatoria, ed in misura molto elevata, con un pressante controllo delle presenze, i corsi on line hanno aiutato a organizzare in modo meno faticoso tali presenze, potendo gestire i tempi in modo più comodo. Anche qui ovviamente la mancanza del rapporto diretto con i docenti si é comunque sentita, al di là della loro disponibilità alla interlocuzione attraverso i canali telematici.
Qualche corso non è stato svolto, ma va tenuto presente che i docenti sono medici impegnati anche nella pratica clinica e in questo periodo anche loro hanno dovuto affrontare un lavoro particolarmente intenso.
Per quanto concerne gli esami, premesso che in linea di massima vi è anche una certa fiducia negli studenti, le esperienze sono differenti.
Anzitutto gli esami orali: in questo caso la soluzione è piuttosto semplice: L’esame si sostiene davanti ad una telecamera, ovviamente, ed in alcuni casi si chiede che un’altra web camera inquadri la stanza per evitare presenze estranee.
Per gli scritti la cosa è evidentemente più complessa.
La soluzione più diffusa è quella di richiedere due web camera, una puntata sul foglio e una sullo studente e di fornire allo studente una domanda alla volta, con un tempo fisso di risposta, terminato il quale si passa alla domanda successiva e senza possibilità di tornare alla domanda precedente.
Alcune esperienze riportano anche la possibilità, che il docente si riserva, di effettuare controlli a campione, chiedendo allo studente di fotografare il proprio foglio ad un certo punto della elaborazione della risposta.
Come ovvio, questi metodi comportano vantaggi e svantaggi, particolarmente sentiti nelle facoltà scientifiche dove, in caso di esami che di norma comportano molti esercizi da risolvere, qualche disagio è segnalato per la tendenza a far prevalere le domande teoriche.
In genere, comunque, anche sul fronte degli esami non ci sono lamentele particolari.
Anche qui, direi non banale l’osservazione che comunque uno studente sa che il suo esame è visto anche da altri studenti e che questi spettatori, a differenza di quanto capita nella normalità d’aula, può registrare il video: questa situazione risulta ad alcuni spiacevole.
Tre esperienze che per ragioni diverse si staccano un po’ dalle altre.
Una studentessa che sta concludendo il ciclo di studi in Gran Bretagna segnala un metodo di lavoro che sostanzialmente non si discosta troppo da quanto utilizzato in Italia.
Anche a Londra, sede della facoltà in questione, si è rispettato il normale orario delle lezioni, con registrazione delle medesime da parte dei docenti e partecipazione da remoto degli studenti anche ai seminari che, più strutturali in Inghilterra che da noi, servono ad approfondire, a svolgere lavori di gruppo ecc.
Gli esami sono stati sostenuti online, senza particolari controlli, se non il fatto di avere tempi contingentati, il che rendeva comunque difficile barare, pur in assenza di web camera.
Altra esperienza, meno positiva, quella di un laureando italiano che sinteticamente nota:
”La versione peggiore di un universitario in quarantena è un laureando in quarantena”.
Dopo una non molto gratificante esperienza delle ultime lezioni svolte on line (con una connessione non particolarmente brillante, causa il numero di persone collegate)
Lo studente in questione ora non ha ben chiaro il calendario della discussione della sua tesi, né le modalità esatte con le quali avverrà, in contrasto qui con l’esperienza della studentessa londinese che, invece, vede la sua università rispettare l’ordinario calendario di lauree, che ha avuto come unica variazione la concessione di un paio di settimane in più agli studenti per la consegna dei loro lavori.
Il laureando italiano invece nota ancora troppe incognite per terminare con serenità il suo ciclo di studi.
Da ultimo: uno studente si è trovato nella situazione della quarantena appena finito il master, al momento cioè di affacciarsi al mondo del lavoro.
La sua esperienza ci proietta ad un passo successivo, perchè naturalmente questo è un momento di disorientamento per chi deve compiere il passaggio che porta dalle aule alla vita lavorativa. Questo ormai ex studente, contento del suo percorso di studi, sta reagendo con la flessibilità della sua generazione, creando un gruppo di lavoro con altri compagni per proporsi in modo creativo al mondo del lavoro.
Ho trovato nelle sue parole l’oscillazione tra la presa d’atto del momento difficile e la convinzione che comunque da ogni situazione, anche oggettivamente complicata, possano nascere opportunità nuove, finora inesplorate, e utili a costruire nuovi orizzonti per il dopo pandemia.
E mi fa piacere chiudere con questa speranza, che è anche un augurio per tutti i nostri universitari, che ringrazio per la collaborazione.
20 maggio 2020