di Francesca Fumagalli
In vista delle imminenti elezioni europee del 26 maggio, Il Dialogo di Monza incontra all’Europarlamento di Strasburgo l’On. Patrizia Toia, eurodeputata dal 2004, membro dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) dal 2009 e dal 2014 capodelegazione del PD sempre al Parlamento europeo. Lo scorso 12 aprile ha rinnovato la sua candidatura per il Partito Democratico, nella circoscrizione Nord-Ovest, per la IX legislatura europea.
La notte tra il 15 e il 16 aprile l’Europa intera si è fermata di fronte alle immagini della cattedrale di Notre-Dame in fiamme. Numerosi sono stati gli interventi degli eurodeputati che durante la plenaria hanno voluto esprimere il loro cordoglio al riguardo, tra cui il presidente del Parlamento Antonio Tajani e il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, diversi i riferimenti ad un sentimento europeo condiviso. Siamo dunque arrivati al punto di dover vedere il nostro patrimonio culturale sbriciolarsi davanti ai nostri occhi per ricordarci di essere cittadini europei?
«È indubbiamente triste osservare l’emergere di un sentimento europeo in una situazione dolorosa come può essere l’incendio della cattedrale parigina, ma bisogna prendere atto dell’accadimento e apprezzare la scossa che è stata data ad una sopita consapevolezza. La notte tra il 15 e il 16 aprile ha risvegliato la cristianità, l’attenzione sociale e il senso di unità: le fondamenta su cui è stata costruita la comunità europea. Ci ritroviamo difronte ad un caso paragonabile all’episodio Brexit: la possibilità che valori o simboli dati per scontati possano d’un tratto essere cancellati ci spinge a lavorare ancora più duramente per mantenerli vivi attraverso la collaborazione e il superamento delle diversità. Possiamo soltanto sperare che Notre-Dame possa rinascere attraverso una ricostruzione solidale. Certo, la direzione da intraprendere è quella di cimentare il già citato sentimento europeo così che si affacci, oltre che durante episodi tragici, anche nella quotidianità».
Durante il suo ultimo mandato all’Europarlamento si è impegnata perché le donne possano inserirsi con più facilità all’interno del mondo politico e di quello della tecnologia informatica. Come si aspetta essere la nuova composizione del Parlamento europeo a seguito delle elezioni di maggio? Ci ritroveremo già davanti ad un’ondata rosa?
«A cominciare dalla sua prima legislatura nel 1979, la percentuale di donne in Parlamento è andata sempre più ad aumentare, pur fermandosi a quota 37.3%. Possiamo solo auspicare che questo trend positivo si ripresenti anche nelle prossime elezioni, magari con un’accelerazione maggiore. Al momento l’Italia, ed in particolare la delegazione PD all’interno del partito europeo S&D, sembra collocarsi sopra la media europea (38.4%) mantenendo il passo con altri Stati membri quali Francia (41.9%) e Spagna (46.3%). Dobbiamo però ricordare che questi Paesi, diversamente ad esempio dall’Olanda (42.3%), presentano, a livello di composizione delle liste elettorali, quote di genere. Una grande conquista sarebbe far si che queste ultime non siano necessarie per raggiungere le percentuali sopracitate. Possiamo comunque ritenerci soddisfatti della delegazione italiana che sembra sicuramente presentare una politica più egalitaria, rispetto a quanto non facciano i Paesi sovranisti.»
Infine, cosa deve e cosa non deve cambiare nella prossima legislatura europea?
«Innanzitutto, un ostacolo istituzionale che deve essere necessariamente superato è il vincolo dell’unanimità, necessaria per l’approvazione in Consiglio dei testi trattanti le tematiche più importanti, quali ad esempio la fiscalità e la politica sociale. Questa rigidità legislativa ha impedito l’approvazione di direttive fondamentali, come le modifiche al regolamento di Dublino o l’introduzione di un sistema fiscale specifico per i giganti del web. È inoltre necessaria una Eurozona più dinamica, aperta allo sviluppo di fondi di garanzia per l’investimento, a favore di una politica keynesiana. L’Europa deve inoltre muoversi verso una direzione più sostenibile, migliorare l’esperienza democratica e sociale dei suoi cittadini, cominciando una politica territoriale.
I maggiori successi dell’attuale legislazione, che dunque devono fungere da esempio per la linea da seguire in futuro, sono innanzitutto l’impegno dell’Unione Europea verso la transizione energetica, il coraggioso approccio al digitale e l’attenzione alla pubblica amministrazione. Non dimentichiamo inoltre la nascita dell’ambizioso programma di ricerca Horizon Europe (dal valore di 120 miliardi) e l’abolizione del roaming nei Paesi UE.»