di Alfredo Somoza
Senza nemmeno accorgerci, il calendario delle festività del mondo sta cambiando. Perdono di significato le feste di tradizione religiosa o patriottiche, mentre vanno per la maggiore feste posticce o addirittura eventi globali basati solo sul consumo.
Feste posticce perché hanno perso il senso originale, come l’odierna Halloween del dolcetto o scherzetto, che con il giorno dei morti dei celti poco c’entra. Ma è proprio il Natale quello che anno dopo anno diventa più irriconoscibile.
Il Natale, nel senso religioso e familiare della ricorrenza, è una festa di preghiera, di speranza e di condivisione: in questi termini coinvolgeva però solo i cristiani, e cioè una minoranza dell’umanità. Invece la moderna festa del Natale, da quando è diretta dal Babbo Natale scandinavo, coinvolge miliardi di persone in più. Il Natale della bontà e del dono, e soprattutto di quest’ultimo, è quindi il migliore volano per le vendite di fine anno. Arriviamo infine al Natale globale dei buoni sentimenti per la gioia dei fabbricanti di gadget (e di cibi pregiati). Una festa che non discrimina per appartenenza etnica o religiosa, ma solo per possibilità economica. Una festa laica che va bene in Italia e Germania, ma anche in India, Cina o Nigeria. Una festa non più comandata dal vescovo, ma dai media.
Il nuovo calendario delle festività scritto dalle multinazionali dello shopping si arricchisce ogni anno. San Valentino, da patrono degli innamorati e degli epilettici è diventato occasione per vendite di cioccolatini, fiori e biancheria, il tutto rigorosamente in colore rosso. Per poi arrivare all’ultima trovata, il cosiddetto Black Friday. La più grande operazione saldi mai organizzata nella storia umana derivata dal giorno dell’inizio dei saldi natalizi, successivo al giorno del ringraziamento, negli Stati Uniti. Già il Thanksgiving Day, che se ancora non celebriamo in tutto il mondo è solo perché gli allevamenti non sono in grado di fornire tacchini a qualche miliardo di persone.
Il calendario degli eventi della globalizzazione crea l’illusione di un mondo sempre più uguale, nei gusti e nei consumi, un mondo in realtà forgiato dalle multinazionali che offrono gli stessi prodotti ovunque, fabbricandoli dove è più conveniente e pagando le tasse dove praticamente non esistono. Sotto tanta allegria di cartapesta si celano però conflitti sindacali, sprechi di ogni natura, danni all’ambiente, concorrenza sleale con i commercianti dei paesi che, come in Italia, sono obbligati a rispettare il calendario dei saldi imposto dallo Stato e non dal mercato.
Le nuove feste globali sono feste antiche, per quanto stravolte, e insieme del futuro, che oggi vedono ancora una prevalenza di eventi derivati dalla tradizione occidentale, ma che domani potrebbero diventare di ispirazione orientale, come il capodanno cinese che possiamo scommettere sarà presto evento globale. Questo perché le nostre ricorrenze non hanno più radici, non hanno più carattere familiare o comunitario.
La festa globale, e soprattutto gli eventi tipo questo Venerdì Nero, è l’orgia del consumo che gonfia i bilanci delle grandi imprese. L’equazione “siamo più uguali, compriamo lo stesso, festeggiamo allo stesso modo” come sinonimo di un mondo aperto e più libero scricchiola pericolosamente, ma per ora è un grande affare per pochi.
Buoni acquisti!