di Mattia Gelosa
Sin dall’uscita del romanzo, nel 1936, il nome Via col vento è stato accompagnato da grande successo: l’opera prima (e unica) della Mitchell vende 180.000 copie in un mese, ottiene elogi continui e premi della critica e diventa nel tempo uno dei romanzi più letti di sempre con le sue oltre 30 milioni di copie vendute in tutto il mondo.
Dal romanzo, poi, nel 1939 la MGM e il produttore Selznick hanno deciso di estrapolare un adattamento per il grande schermo e ancora una volta il titolo Via col vento diventa sinonimo di record. Victor Fleming dirigerà un capolavoro senza tempo, un viaggio nell’America degli anni della Guerra di Secessione lungo quasi quattro ore che sarà il film più visto della storia e il secondo incasso di sempre dopo Avatar, che ebbe però prezzi di biglietteria decisamente più alti di quelli degli anni ’40!
Il kolossal di Fleming, simbolo per eccellenza del cinema americano, vinse ben 10 Oscar, tra cui Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attrice a Vivian Leigh (Rossella), Miglior Scenografia e Miglior Fotografia.
L’American Film Institute lo inserisce tra i dieci film migliori di sempre e la celebre battuta finale di Clark Gable (Rhett) “Francamente me ne infischio” viene eletta la più bella della storia del cinema.
Perché ancora oggi Via col vento può affascinare?
Intanto, per la presenza di un’eroina che in realtà si dimostra spesso un personaggio negativo, avido e insopportabile, ma che già mostra la forza delle donne nel potersi emancipare col lavoro e gli affari, di rimboccarsi le maniche e farsi artefici del proprio destino. Se qualcosa va storto, basta pensare che “Domani è un altro giorno”!
Il valore del film resta grande anche per via del suo essere un mix di generi: la storia che fa da sfondo spesso diventa un primo piano, così come la vicenda di Rossella (Vivian Leigh) e Rhett (Clark Gable), una storia di passioni realistica e lontana dalla semplice vicenda d’amore tipica della Hollywood del periodo. Qui i personaggi hanno caratteri definiti e sfumature di luci e ombra sorprendenti. A condire il tutto, un’aggiunta di temi come la schiavitù dei neri nel sud, il valore delle radici e della terra e l’influenza del Destino nella vita delle persone.
Le musiche, la fotografia e la regia perfette sono il miglior supporto che si potesse trovare per la vicenda, e fanno sì che gli interni e i paesaggi americani si adattino come abiti su misura alla sceneggiatura. Quando la storia è ferma, come nei momenti dell’incipit o nell’intermezzo, la musica di Steiner e le riprese panoramiche trasformano le attese in altrettante forme di intrattenimento artistico; quando la vicenda subisce dei cali, la bravura del cast non consente di accorgersene e i 230’ del film alla fine scorrono più rapidi del previsto.
Via col vento, in sostanza, è uno di quei film che sarebbero la perfetta risposta a chi si chieda cosa sia il cinema e perché possa essere considerato un’arte.
Il finale del film, con le due citazioni famosissime e Rhett che se ne va nella nebbia, è simbolo del futuro incerto che lo attende. Per Rossella, invece, il cielo si tinge del rosa di un tramonto che porta speranza per il domani, così simile all’alba di quel nuovo giorno che verrà.
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