Viaggio nell’arte: Boccioni e le visioni simultanee

di Ilaria Pullè in arte Billy Polly

Siamo nel 1909 quando Tommaso Marinetti, dalle pagine del giornale francese Figaro, lancia il Manifesto del Futurismo, poi ripreso, nel 1912, dal Manifesto tecnico della letteratura futurista.

Il periodo è immediatamente seguente al crepuscolarismo, momento caratterizzato da un tipo di poesia nostalgica ad intensamente commovente, e se ne distacca in modo perentorio, a tratti violento, privilegiando un linguaggio, aggressivo, diretto ad esaltare la fede nel progresso scientifico e la velocità della vita moderna attraverso la macchina: un connubio frenetico ed esaltante, simbolo di una potenza elettrizzante ed appassionata.

Una visione nuova, ma, proprio a causa della stessa, originale, cambiamento, quasi confusa nella sua definizione. “…un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia”. L’assenza dell’apostrofo, e la conseguente declinazione, al maschile, dell’attributo, conferma l’incertezza sul genere di un termine talmente nuovo da essere difficilmente inquadrabile.

Lo scopo dell’arte, ma anche della musica, dell’architettura, e della poesia, è quello di proiettarsi verso il futuro, dimenticando il passato, ed i suoi insegnamenti. Una progressiva destrutturazione della poetica decadente in concomitanza col divenire della realtà, in nome di una creatività libera, condotta all’estremo.

Le parole si slegano dai nessi logici e grammaticali, mentre la punteggiatura viene sostituita da simboli, fino ad utilizzare i termini onomatopeici, emblema di autonomia ed indipendenza.

Dal punto di vista artistico, una visione così differente ed anticonformista, estremizza la rappresentazione del dinamismo, utilizzando, in pittura, le cosiddette linee-forza. La linea va oltre la sua essenza, di semplice tratto, per tramutarsi in forza, coinvolgendo, nella propria inattesa dimensione, oggetti e colori coinvolti in inconsueti contrasti.

Umberto Boccioni (1882-1916), Visioni simultanee, 1911, olio su tela, 70×75 cm., Wuppertal – Von Der Heydt Museum Immagine: web

Umberto Boccioni è l’artista principale del Futurismo.

Frequenta pittori avanguardisti del calibro di Gino Severini e Giacomo Balla, intraprendendo un percorso di distacco dalla cultura tradizionale che lo porta a ritenere le scuole d’arte, inutili ed erronee, esclusivamente incentrate nell’apprendimento di verità ormai superate.

Dopo gli esordi divisionisti, e dopo aver esaltato la corrente divisionista come la più moderna dell’arte italiana, in quanto in grado di frammentare la realtà rendendo il moto continuo, evolverà il proprio tratto con tocchi peculiarmente veloci e decisi che gli permetteranno di rendere anche il pulviscolo atmosferico.

Due, saranno le sue ricerche costanti: la complementarietà degli oggetti nello spazio, ed il lavoro, in qualità di strumento di trasformazione della città e della natura, reale fattore determinante della vita moderna.

Visioni simultanee sarà il dipinto più globalmente realizzato, in senso futurista: l’opera, infatti, consente una visione sintetica, simultanea, di tutto ciò che ci circonda.

Gli oggetti interagiscono fra loro, sovrapponendosi ed intersecandosi, dando luogo ad un vorticoso e roteante movimento: ne scaturisce una situazione freneticamente febbrile, la cui scomposizione dinamica, pone in profonda crisi l’ordinario rapporto tra figure ed architetture.

Tra strade, cantieri, cavalli, vociare clamante e sonorità invadenti, il dipinto offre lo scorcio apparentemente osservato da un terrazzo, in realtà inglobato da una forma dimensionale presente e incorporante, che entra nella casa e ad essa si fonde, realizzando l’iconica aggregazione di un presente forte, potente, dominante.

‘La vera realtà è la sensazione’, e Boccioni non si limita a rilevare ciò che vede all’esterno: non è un fotografo ma un protagonista, e la sua concretezza, abbandonando ogni semplice illusorietà, si esplica attraverso il turbinoso movimento di continue interazioni vissute senza alcuna soluzione di continuità.

Immagini, luci e suoni sostituiscono anche la stessa donna affacciata alla finestra, inizialmente punto d’origine di una preliminare osservazione, immediatamente avvolta e conquistata dal mondo esterno senza fittizie resistenze.

Boccioni, per ironia della sorte, muore in età giovanile, ad appena trentatré anni, per le conseguenze di una caduta da cavallo occorsa durante un esercitazione militare, dopo essere stato ricoverato presso Villa Pullè, a Chievo (VR), allora sede dell’Ospedale Militare.

 

 

 

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