di Daniela Annaro
C’era una volta, e c’e’ ancora, una bella famiglia (Cioli e Monetti) e tre amici, Pietro Cioli, Francesco Baghi e Guido Natali. In comune, gli amici e la bella famiglia, avevano (e hanno) l’amore per i sentimenti autentici, come la solidarietà tra gli uomini, il rispetto della natura, il recupero di sane tradizioni, tradizioni spesso legate al mondo della terra e al sapere contadino.
Siamo nel 2005, quando a Quaranti, nell’Alto Monferrato, in provincia di Asti, la famiglia Cioli-Monetti acquista un casale e i terreni vicino la chiesa di Santa Maria al Castelletto, terreni coltivati a vigna: da quelle parti si produce dell’ottima Barbera, anzi la migliore Barbera al mondo. Il Monferrato è la patria di questo vitigno. Nessuno dei tre amici a quel tempo immaginava che la loro vita sarebbe cambiata e che, di li’ a poco, nel 2007, avrebbero messo in piedi un progetto comune “Vignaquaranti“.
“Succede che – racconta Pietro Cioli – ci accorgiamo che a differenza di quanto avveniva nelle Langhe, ad Alba e dintorni, i nostri amici viticoltori e vinificatori facevano riferimento per la vendita dell’uva e del vino alle Cantine Sociali.
Una tradizione, quella delle cantine sociali, che nasce proprio in Piemonte, a Oleggio, Novara. Nel 1891 viene fondata lì la prima cantina sociale italiana. Le cantine sociali sono cooperative in cui i consociati portano i prodotti dei loro vigneti per la produzione e lavorazione del vino, per la vendita all’ingrosso o al minuto. Nel nostro immaginario di consumatori, più o meno sofisticati, la qualità non è particolarmente alta. Hanno un fine “sociale”, devono contenere i costi garantendo ai soci e a se stesse un margine di utile, facendo i conti, ovviamente, con tutte le regole sulla qualità del prodotto a tutela del consumatore, ma soprattutto devono rapportarsi alla complessità del mercato.
Insomma una vita difficile, ma soprattutto un modo antiquato di valorizzare e utilizzare viti e vitigni. A Quaranti, solo dieci anni fa, succedeva proprio così: erano le cantine sociali il punto di riferimento dei viticoltori e produttori di vino. Mentre nelle colline circostanti, a pochi chilometri di distanza, sempre nel Monferrato, la cultura della coltivazione del vitigno e della maggiore attenzione alla qualità delle vigne e, più in generale del prodotto vino, era mille passi avanti, da tutti i punti di vista.
Ed è qui che entrano in gioco i tre amici, amici fra loro, ma amici dei contadini e viticoltori di Quaranti. Si trattava di valorizzare quelle colline coltivate a vigneti, di dimostrare maggiore cura per il prodotto finale: il vino Barbera.
La ristrutturazione del casale di Quaranti – rievoca Pietro Cioli – ha sicuramente rinnovato in me la passione antica per il vino. Un amore che mi è stato trasmesso da mio padre e quando lui è mancato ho avvertito la necessità di dare corpo a un progetto di rinascita di quelle terre.
Quel progetto si chiama Vignaquaranti e oggi è una realtà in divenire. Nel 2009, viene creato il ” ramo vino” della Cooperativa agricola del Bagoss di cui Stefano Cioli, fratello di Pietro, è amministratore. Pietro Cioli, Francesco Baghi e Guido Natale diventano soci e chiamano l’enologo Guido Beltrami che offre competenza e suggerimenti ad ampio raggio e a cui si affiancano esperti di viticoltura e vinificazione.
Con la vendemmia del settembre 2011 quelle vigne, cinque ettari di terreno, rinascono e nel giugno dell’anno dopo inizia la produzione di Vignaquaranti.
Il primo vino prodotto – dice Pietro Cioli – è un ottimo Barbera d’ Asti DOCG, affiancato nel 2013 da un Barbera Superiore DOCG. Nel 2015 vedono la luce i due bianchi derivati da uve Nascetta e Arneis.
Ma i riconoscimenti arrivano prima del 2015. L’edizione 2014 della Guida Veronelli, quasi una bibbia per i cultori del buon vino, assegna loro due stelle per il Barbera d’Asti Rablè. E poi arrivano le recensioni molto positive da riviste prestigiose come l’inglese Decanter. In sostanza, un bel successo tanto che Pietro Cioli abbandona il suo lavoro milanese e si dedica a tempo pieno a questa impresa. Dal 2011 Vignaquaranti ha prodotto 6000 bottiglie di rosso Barbera. Con la vendemmia dell’anno scorso, nel 2017 il numero raggiungerà quota 20.000.
Vignaquaranti – precisa Pietro Cioli – non vende alla grossa distribuzione, ai supermercati, proprio per mantenere alto il livello dei nostri vini.
Alta qualità, ma prezzi contenuti tra i sette e gli undici euro a bottiglia (ma per il lettori de Il Dialogo di Monza anche meno). E la stessa cura che ha dimostrato di avere per la Barbera l’ha messa nei bianchi nati dai vitigni autoctoni Nas-cëtta e Arneis.
Dall’anno prossimo, Vignaquaranti si cimenterà anche con un altro vitigno storico dell’astigiano: il Nebbiolo. Una nuova scommessa che, visti i presupposti, siamo convinti che sarà vinta da Vignaquaranti.