Villa Mirabello: la delizia del Cardinale

di Francesca Radaelli

Villa di delizia sì, ma con moderazione.

“Trattato di Federigo cardinale Borromeo et arcivescovo di Milano del disprezzo  delle delizie, overo della Villa gregoriana”. Con questo trattato, dal titolo un poco verboso e originariamente scritto in latino, il cardinale di Milano Federigo Borromeo interveniva sulla moda delle ville di delizia.

Siamo ai primi del Seicento, qualche anno prima che a Milano scoppi la peste. Qualche anno prima, dunque, di quelli scelti da Manzoni per ambientarvi i suoi Promessi Sposi, romanzo in cui lo stesso cardinale Federigo riveste un ruolo non secondario.

Una regola per le ‘delizie’

Sono gli anni del ‘boom’ delle ville di delizia, le residenze di villeggiatura che i ricchi cittadini amano sempre più costruirsi negli ameni luoghi di campagna.  Anche il paesaggio collinare e campestre della Brianza inizia ad esserne punteggiato. La moda della villeggiatura fuori porta dilaga: tra gli amanti del soggiorno in villa ci sono non solo gli aristocratici e i borghesi arricchiti, ma anche vescovi e cardinali.

Del resto, lo stesso Carlo Borromeo, zio di Federigo, amava ritirarsi di tanto in tanto nei luoghi tranquilli del lago Maggiore, nella cittadina di Arona, all’interno dei possedimenti di famiglia.

Fu così che, con il suo trattato sulle ville – argomento poco ‘dottrinario’ ma a lui sicuramente ‘familiare’ – Federigo sentì il bisogno dare ai colleghi porporati, ma anche a tutti i ricchi proprietari di residenze di delizia, qualche indicazione su come ‘farne buon uso’. Fondamentalmente, un appello alla moderazione. Nessun divieto di godere delle bellezze e dei piaceri di una vita tranquilla lontana dalla città e vicina alla natura, in armonia con il creato. Ma senza eccedere nel lusso. Senza dimenticare, soprattutto, il popolo delle città (e popolo della Chiesa), che spesso non aveva nemmeno il pane quotidiano. Un popolo che, sembra ammonire il cardinal Federigo, potrebbe vedere di cattivo occhio – per usare un eufemismo – l’ozio campestre di vescovi e ricchi signori.

Villa Mirabello oggi

La Villa dei Durini

All’incirca un secolo più tardi, in Brianza, proprio un cardinale fece un uso per certi versi encomiabile di una villa di delizia di famiglia, costruita alle porte di Monza. Stiamo parlando del cardinale Angelo Maria Durini e di Villa Mirabello, oggi uno dei luoghi simbolo del Parco di Monza.

Un ritratto del cardinale Durini

Arricchitisi grazie all’attività di banchieri e commercianti a Milano, nel 1648 i Durini avevano acquistato il feudo di Monza dagli spagnoli De Leyva (famiglia a cui apparteneva la celebre monaca di Monza). Per la loro residenza di villeggiatura, i nuovi conti di Monza scelsero il territorio a nord est della città. Su un terrazzamento al di sopra del corso del fiume Lambro, nel territorio di Vedano, su progetto dell’architetto Gerolamo Quadrio, venne così costruita Villa Mirabello. Ossia Villa Belvedere: un nome legato proprio alla posizione panoramica sulla valle del Lambro.

Il cardinale mecenate

E, un centinaio di anni più tardi, il luogo si elevò, metaforicamente, anche dal punto di vista intellettuale. Ossia nel 1776, quando Angelo Maria Durini, dopo anni spesi al servizio della Chiesa in tutta Europa (fu inquisitore a Malta e nunzio apostolico in Polonia), dopo essere stato nominato cardinale, si ritirò nella villa di famiglia. Ad opera del cardinale Villa Mirabello venne ristrutturata e abbellita con opere d’arte, giardini ridisegnati secondo i gusti dell’epoca e anche una biblioteca.

Villa Mirabellino oggi

Ma soprattutto alla Villa originaria venne aggiunta una dépendance, in cui poter tra le altre cose offrire alloggio agli intellettuali, agli artisti e alle persone ragguardevoli che il cardinale amava avere come ospiti: nasceva così Villa Mirabellino. L’architetto Giulio Galliori collocò il nuovo edificio sullo stesso asse della villa principale, collegando le due residenze con un viale alberato (che ancora oggi è possibile percorrere all’interno del parco).

Per una decina di anni Mirabello e Mirabellino furono teatro del mecenatismo del cardinale Durini, che amava circondarsi di letterati, ma anche cimentarsi lui stesso nella poesia. Compose, tra le altre, un’ode dedicata a una spettacolare ascensione in mongolfiera. Non però ad opera del signor di Montgolfier –celebrato in quegli stessi anni da Vincenzo Monti – ma dell’oggi meno celebre cavalier Paolo Andreani, che aveva compiuto l’impresa innalzandosi al di sopra della sua villa di Brugherio.

Il cardinale e il poeta

Furono, però, i suoi meriti di mecenate che indussero il poeta Giuseppe Parini a dedicare al cardinale l’ode nota come ‘La gratitudine’.

Ritratto di Giuseppe Parini

I due, il cardinale e il poeta, erano amici di lunga data. Provenivano da classi sociali diverse: il primo discendeva da una famiglia di conti, l’altro da una di contadini. Eppure avevano studiato insieme, a Milano, dai Barnabiti. Ed entrambi erano diventati uomini di Chiesa, pur con incarichi di differente livello: precettore di giovani rampolli della nobiltà il Parini; ambasciatore e ‘politico’ al servizio del Papa il Durini.

Ritiratosi nella sua villa brianzola, il cardinale prese l’antico amico sotto la sua protezione, lo raccomandò agli amici che frequentavano i suoi salotti letterari e si guadagnò così, come detto, ‘La gratitudine’ del poeta. Grazie a cui possiamo leggere una descrizione, in versi, degli ambienti settecenteschi delle ville Mirabello e Mirabellino. Definiti da Parini “tesoro paterno”, MIrabello e Mirabellino sono sì un’importante eredità familiare, ma sono soprattutto lo specchio del cardinale letterato, plasmati a sua immagine e somiglianza. E’ grazie a lui se le pareti delle ville sono piene di quei libri “che aprono la mente alla conoscenza”:

“…Vedi amplïarsi alterno
Di moli aspetto ed orti ed agri ameni,
Onde quei che al suo merto accesser beni
E il tesoro paterno
Versa; e dovunque divertir gli piaccia,
L’ozio da i campi e l’atra inopia caccia.

Vedi i portici e gli atrj ov’ei conduce
Il fervido pensiere,
E le di libri altere
Pareti, che del vero apron la luce…”

Nel 1787 Angelo Maria Durini decide di cambiare luogo di delizia, lascia i territori di Monza e si trasferisce sul lago di Como, nelle residenze del Balbiano e del Balbianello.

A memoria dei dieci anni circa trascorsi dal cardinale al Mirabello rimangono però le due ville e il maestoso viale di carpini che le collega. Saranno uno dei nuclei attorno a cui sorgerà il futuro Parco Reale di Monza.

Fotografie tratte da Lombardiabeniculturali.it
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