Volo Novezerotre è la storia di Emil Zátopek, sportivo e, soprattutto, grande maratoneta cecoslovacco, vissuto durante il regime comunista. Nel 1968, firmò il manifesto delle mille parole e aderì così al “Socialismo dal volto umano”, programma politico promosso dal riformatore Dubček, contro l’invasione sovietica di Praga. Per questo, il regime lo punì e lo mandò in Siberia ai lavori forzati a scavare nelle miniere di uranio. Reintegrato in patria dopo sette anni, iniziò a fare lo spazzino…
Lo spettacolo andrà in scena, con la regia di Massimiliano Speziani, al Teatro Manzoni di Monza giovedì 19 marzo alle 21.00. Protagonisti saranno Stefano Annoni e Daniele Gaggianesi, entrambi attori diplomati alla Civica scuola di Teatro “Paolo Grassi” di Milano. Il testo è della docente universitaria e drammaturga Maddalena Mazzocut-Mis. Per l’occasione ho intervistato Marta Galli, organizzatrice della compagnia e stretta collaboratrice all’interno del progetto teatrale:
Ho letto che l’idea di raccontare la storia di Emil Zátopek è nata da una suggestione… quale? E perché si è sentita l’esigenza di metterla in scena?
Tutto iniziò nel 2012, quando il Teatro Sociale di Como ci ha commissionato una nuova produzione per la stagione successiva che si sarebbe incentrata sul tema “Le ali dell’uomo”. Noi non avevamo idee precise e abbiamo iniziato a riflettere su quali sensazioni questo tema suscitasse in noi: venivano in mente la libertà, la corsa, la velocità, il volare… si sa, si percorrono tante strade che poi vengono abbandonate! Un giorno, però, Stefano andò a parlare con Renata Molinari, drammaturga e sua insegnante ai tempi della scuola di arte drammatica e chiese un suggerimento: il caso vuole che lei stesse leggendo “Correre”, la biografia non autorizzata di Emil Zátopek, scritta da Jean Echenoz. Questo romanzo ci ha prima conquistato e poi stravolto. Il tema calzava a pennello e questa storia doveva essere raccontata…
In che senso vi ha stravolto?
La nostra compagnia è nata nel 2007 e da allora lavoriamo su progetti di teatro civile che hanno a che fare con la storia e la politica. Abbiamo portato in scena altre biografie: Aldo Moro, Peppino Impastato, Antonio Gramsci… Emil Zátopek era particolare perché appartiene a un’altra categoria, lui è uno sportivo che ebbe a che fare con la politica. Il personaggio ci ha permesso di parlare del rapporto tra sport e politica. Ma la storia non si limita a questo: è una storia di libertà, perché lui era un uomo profondamente libero, non le mandava a dire e aveva il coraggio di esprimere ciò che pensava. E, soprattutto, lui correva, correva veloce… lo chiamavano il Jet, la Locomotiva Umana ed era perfetto per il tema che dovevamo affrontare. Lui era “Le ali dell’uomo”, in tutti i sensi!
Il debutto al Sociale di Como, poi al Piccolo Teatro Studio di Milano, poi alla Residenza Teatrale Armamaxa di Ceglie Messapica e ora al Teatro Manzoni di Monza… sono quattro luoghi scenici completamente diversi, come pensi possa incidere questo sulla riuscita dello spettacolo?
Lo spazio è uno dei protagonisti in questo spettacolo. Il regista ha lavorato per cercare di ricreare il più possibile la pista di atletica dove Zátopek correva, ma si sa… uno stadio è rotondo! Al Sociale, teatro classico all’italiana, ci è stato permesso di spostare le sedie e usare la platea come area scenica, il pubblico circondava gli attori assistendo allo spettacolo dagli ordini di palchi. Così abbiamo creato l’arena! Il Piccolo Teatro Studio e la Residenza Teatrale Armamaxa hanno pianta centrale, il pubblico si dispone normalmente intorno agli attori, quindi, per noi era lo spazio architettonicamente perfetto. Per la prima volta, al Teatro Manzoni, avremo a che fare con una struttura classica palco/platea… sicuramente il lavoro è stato ripreso e giovedì vedremo un nuovo spettacolo, sono curiosa anch’io di capire come prenderà forma!
Infine… perché vederlo? Cosa può trasmettere una storia degli anni ’50 a un pubblico contemporaneo?
L’aspetto che maggiormente ci ha spinto a lavorare su Zátopek è la fatica, o meglio il valore che lui dava alla fatica e all’impegno. Zátopek era autodidatta, non aveva trainer o allenatori; sicuramente era dotato di una predisposizione naturale ma il suo talento più grande, lo si legge nella biografia, era la forte consapevolezza che senza fatica, senza costanza, senza sudore non avrebbe raggiunto nessun traguardo. Lui andava anche contro se stesso, contro il suo corpo, diceva: “Io sto male però devo andare avanti”. Faceva sessioni di allenamenti in cui correva per centinaia di metri in apnea fino a farsi svenire, portava il suo fisico a raggiungere limiti di fatica e sforzo disumani. Insomma, quello che ci interessa trasmettere, soprattutto ai giovani, è il fatto che la fatica è importante. Purtroppo viviamo in una società in cui sembra che non ci si debba impegnare per essere qualcuno… sembra che basti andare in un qualsiasi show televisivo per avere successo. Ma poi… quanto dura? Un anno? Due? Poi nessuno sa più chi sei. Quello che cerco di dire è che nello sport come nel teatro o in qualsiasi altro ambito, se vuoi raggiungere dei risultati importanti e duraturi devi metterci tanta fatica e tanto impegno. Ci vogliono costanza, studio e coraggio di darsi obbiettivi che vadano oltre i propri limiti.
Quello che vogliamo trasmettere è il valore di un impegno e che impegno, studio e fatica sono un valore.
Ringrazio immensamente Marta Galli per la sua disponibilità. La ringrazio soprattutto perché le sue parole mi hanno profondamente emozionata.
Isabella Procaccini