di Francesca Radaelli
Filosofo, scrittore, polemista, fu uno dei grandi protagonisti dell’Illuminismo francese. Voltaire – pseudonimo per François-Marie Arouet – nacque a Parigi il 21 novembre del 1694. Di famiglia borghese, entrò ben presto in conflitto con il padre, giungendo addirittura a vantarsi (e ancora non è ben chiaro se a torto o a ragione) di essere figlio illegittimo. Certo non aveva peli sulla lingua, Voltaire, e questo gli provocò non pochi guai. A cominciare dalla prigionia alla Bastiglia, in cui fu rinchiuso ben due volte. La prima a causa dei suoi scritti satirici contro il reggente di Francia Filippo D’Orléans, la seconda per essersi preso gioco con la penna e il suo pungente sarcasmo di un nobile cavaliere decisamente permaloso.
L’ironia è – da sempre – un’arma assai temuta e Voltaire la seppe utilizzare magistralmente. E non senza un certo gusto. Dovette divertirsi parecchio, per esempio, a scrivere Candido, ovvero l’ottimismo (Candid, ou l’optimisme), il racconto filosofico che rappresenta la sua opera più celebre. In polemica con il filosofo tedesco Leibniz, secondo cui quello in cui viviamo sarebbe “il migliore dei mondi possibili”, Voltaire racconta le travagliate e grottesche vicende di Candido, giovane ingenuo educato all’ottimismo dal maestro Pangloss (una vera e propria caricatura dei filosofi del tempo), che nelle sue peregrinazioni attraversa guerre, terremoti e carestie. Insomma un mondo, da El Dorado a Costantinopoli, che farebbe ricredere anche il più inguaribile ottimista. Per decidere, in conclusione, di lasciar perdere l’esplorazione del migliore dei mondi possibili e dedicarsi unicamente a coltivare il proprio piccolo orto.
La critica di Voltaire travolge così lo sciocco ottimismo predicato dai filosofi a lui contemporanei. Eppure questo non fa del grande pensatore francese un pessimista. Al contrario, animato da autentico spirito illuminista – condiviso dagli amici Montesquieu, Diderot e D’Alembert (insieme ai quali collabora nel progetto dedicato all’Encyclopedie) – Voltaire ripone una fiducia incondizionata nella razionalità umana, nello spirito critico dell’uomo, nel pensare con la propria testa, liberi da superstizioni e dogmi religiosi. Autore di pamphlet, opere filosofiche ed erudite, ma anche di numerosissimi testi teatrali, si schiera contro la pena di morte, la tortura, la guerra, esalta il cosmopolitismo e l’uguaglianza naturale di tutti gli uomini, entrando in accesa polemica con le maggiori autorità del tempo, dalla monarchia francese alla Chiesa cattolica.
Ma a un certo punto giunge anche il tempo in cui Voltaire diventa “di moda” nell’alta società. Dopo essere stato in prigione, e poi in esilio in Inghilterra, il filosofo inizia ad essere conteso nelle corti dei sovrani “illuminati”. Il re di Prussia Federico II tiene con lui una fitta corrispondenza epistolare e per un periodo lo invita in Germania presso di sé. Non mancano anche in questa occasione gli screzi con alcuni personaggi della corte – Voltaire doveva avere un bel caratterino! -, ma il filosofo in genere è apprezzato negli ambienti aristocratici per il suo spirito vivace e il suo acume intellettuale. E assai famosa è la liason con una nobildonna sposata, madame du Chatelet.
In ogni caso, quando ritorna in patria a Parigi, è accolto come una vera celebrità. A lui si ispireranno, a distanza di undici anni dalla morte (avvenuta nel 1778) i protagonisti della Rivoluzione Francese. Nel 1791, con una cerimonia solenne, il corpo del filosofo verrà trasferito al Pantheon, dove si trova tuttora la sua tomba, accanto a quelle di altri grandi personaggi della storia francese.
Francesca Radaelli